Il 20° scudetto vinto nel derby e la seconda stella conquistata dall'Inter hanno spinto oltre 300 mila persone a invadere le vie di Milano, colorandole di nerazzurro durante la parata della squadra di Inzaghi. Ad attirare l'attenzione e le polemiche, però, è stato Denzel Dumfries. L'olandese, come si vede in alcuni video rimabalzati sui social, ha 'sfruttato' l'assist del compagno Arnautovic per prendere tra le mani uno striscione in cui viene ritratto mentre tiene al guinzaglio il nemico Theo Hernandez, in un artwork (rivisitato in chiava calcistica) con cui Rockstar Games ha promosso nell'ormai lontano 2013 il suo GTA V. Un gesto arrivato a neanche una settimana dal derby scudetto che nel finale di gara, tra l'altro, ha messo a referto l'espulsione di entrambi per una 'mini-rissa' fatta perlopiù da strattonate. E che, visti i precedenti d'odio tra i due - messi in vetrina in un Inter-Milan sì e nell'altro pure - ha generato polemiche e discussioni, spingendo anche la Procura della FIGC ad aprire un fascicolo sulla questione. 

Lo stesso Dumfries si è poi affidato ai social per scusarsi dell'accaduto: "Durante la parata, ho tenuto su uno striscione che mostrava un'immagine inappropriata - ha scritto l'ex PSV in un post su Instagram -. Sono un giocatore che ama la rivalità nel calcio, è una parte cruciale di qualsiasi gioco. Mi rendo conto che tenere alto lo striscione è stato un errore di giudizio da parte mia e per niente intelligente". Scuse che invece non sono mai arrivate dal mondo Milan dopo lo scudetto vinto nel 2022 e che portò lo stesso Theo, protagonista indiretto della vicenda, ad intonare cori come "Interista pezzo di merda" con un microfono in mano a fianco del compagno Krunic, soddisfatto del gesto del francese mentre tiene un sigaro in bocca. Ma di quella festa si ricordano anche Tonali che indossa la maglia 'Inter merda' o Maignan e Rebic che sbandierano lo striscione con su scritto 'La Coppa Italia mettila nel culo' (replicando il grande 'esempio' offerto anni prima da Ambrosini). E come dimenticare Ibrahimovic che aizza il pubblico a "mandare un messaggio ad Hakan" Calhanoglu e che si gasa nel sentire il popolo rossonero che urla "Calhanoglu figlio di puttana". 

Questa volta ad alzare lo scudetto (in faccia al Milan) è stata l'Inter e nei festeggiamenti l'unico gesto, o quasi, su cui viene posto l'accento è lo striscione finito tra le mani di Dumfries. Anche perché, visti i zero titoli stagionali del Diavolo, sarebbe stato materialmente impossibile averne uno di replica alla gentile richiesta di inserire un qualsiasi trofeo invisibile nel didietro. Sono passati invece sottotraccia i gesti di Dimarco e Barella, che sia nella notte dello scudetto che in quella della festa hanno stoppato i cori del pubblico contro Theo Hernandez e Rafael Leao, invitando invece i tifosi a concentrarsi solo ed esclusivamente sull'Inter. È passato inosservato lo stesso Dumfries che (oltre alle scuse arrivate nel day after) quella sera stessa, affacciandosi direttamente dalla Terrazza 21 di Piazza Duomo, ha dribblato gli insulti del pubblico al rivale francese facendo partire il coro "E se ne va...". È passato inosservato il silenzio assordante di Calhanoglu, preso di mira in maniera diretta dai suoi ex compagni (e quindi non solo dai tifosi) appena due anni prima con insulti personali, che si è invece limitato solo a lanciare un "Chi non salta rossonero è" o a replicare il celebre coro a lui dedicato dalla Corva Nord, battendo le mani insieme ai suoi tifosi. Insomma, la festa scudetto dell'Inter non è stata solo lo striscione di Dumfries. Qualcuno si è perso qualcosa, e sarebbe meglio non guardare solo a quello che fa comodo. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 01 maggio 2024 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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