Nel sole e nel vento. Il battesimo di Andrea Stramaccioni è stato di quelli particolari. San Siro lo accoglie in una domenica, la prima di aprile, strana. Niente giochi di parole facili, tutto vero. C'è il sole di una nuova era e il vento che porta freschezza. Ingredienti perfetti per il ritorno della Pazza Inter con il suo homo novus in panchina. Andrea ha rotto il ghiaccio come chi lo conosce si aspettava, ovvero non da uno qualsiasi. Perché Stramaccioni uno qualsiasi non è. Sorriso da duro, occhi che suggeriscono convinzione, un po' come quel professore che vuol fare il cattivo ma sotto sotto è buono. L'era Stramaccioni nasce in un San Siro che non esita a urlare il suo nome, un rarissimo privilegio, quasi un tabù per Claudio Ranieri che quella platea proprio non riusciva a conquistarla.
Andrea è uno diverso da tutti, non sembra un ragazzo di 36 anni lanciato sulla panchina dell'Inter. Anche perché tale non è, ma come tale in troppi lo hanno dipinto. Stramaccioni è uno che studia calcio, che ti fa vedere subito un'Inter diversa, non negli interpreti ma nelle idee da proporre in campo. Esterni in formato pendolino come pane quotidiano, centrocampisti chiamati a cucire il gioco e inserirsi, ricerca continua dell'ariete centrale come sponda e come terminale offensivo. E poi, l'intensità. La principessa dei sogni di Strama. Abbiamo visto, contro un Genoa senza criterio alcuno, un'Inter diversa. Ricerca di un'azione più rapida e meno plasmata, ritmo incessante. Non cambiano gli uomini - perché tranne Zarate e lo spezzone di Guarin è praticamente l'Inter di Ranieri, va detto -, ma cambia qualcosa. Eccome, se cambia qualcosa.
Spesso capita, quando subentra un allenatore, che alla fine la squadra vinca esclusivamente per un sussulto d'orgoglio. E allora è naturale che il novellino in panca si lasci andare a un rituale "è anche la vittoria di Ranieri", ad esempio in questo caso. Andrea Stramaccioni non l'ha detto. E non perché sia cattivo o non veda di buon gusto Claudio - anzi, tutt'altro -, ma perché questa è stata la sua Inter. Nel bene e nel male. Un'Inter diversa, ma un'Inter con delle idee. Lo aveva promesso, Strama, e lo ha rispettato. Che non sia un fantoccio catapultato in una realtà che non lo riguarda lo si capisce al volo. Dall'atteggiamento suo come della squadra. Lo capisci anche da qualche dettaglio che Stramaccioni non è uno qualsiasi: viva Dio, per la prima volta da quattro anni a questa parte abbiamo ripreso a battere i corner con un criterio e lo straccio di qualche schema, senza affidarsi al mero caso.
Naturalmente, i problemi rimangono e nessuno intende teorizzare la rinascita in stile alzati e cammina dell'Inter per mano di Andrea da Roma, però chi ha visto l'Inter di ieri avrà capito che siamo di fronte a un allenatore. E non a un allenatore a caso. Poi, quelli che parlano di nuovo Mourinho o di Guardiola dell'Inter, sono gli stessi che saranno pronti a disintegrarlo al primo passo falso, statene certi. Sarebbe bello vedere cosa sarebbe in grado di proporre Stramaccioni con un'Inter costruita da lui in un arco di tempo considerevole. Il ragazzo ha idee, piglio, physique du rôle e modi di fare non comuni. E poi, ha vinto sul campo. Con le giovanili, ma anche ieri. D'accordo, non era il test più probante del momento, ma anche la Wanli Changcheng, la Grande Muraglia cinese, fu costruita partendo da un mattone. Di sicuro l'imperatore Qin Shi Huangdi era più paziente di Massimo Moratti, ma anche il presidente ieri aveva una matta voglia di sorridere e applaudire. Quella dei tempi migliori. Un segnale positivo, anche perché, alle volte, basta poco. Fateci caso, Udinese, Lazio e Napoli nell'ultimo weekend sono crollate. Vuoi vedere che questo Stramaccioni, magari, è anche fortunato? Non ci sarebbe nulla di male, perché come diceva anche lui, meglio un allenatore fortunato di un allenatore vincente. Spesso entrambe coincidono, però, nei bagagli di uomini (prima) e tecnici (poi) speciali. Vuoi vedere, veramente, che sto' Stramaccioni (come direbbe lui, copyright d'obbligo) non è uno qualsiasi...
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