Ospite del programma The Overlap di Gary Neville, Roy Hodgson, ex tecnico dell'Inter nelle annate 1995-1997, richiamato da Massimo Moratti sul finire della stagione 1998-1999, ha raccontato alcuni aneddoti della sua duplice esperienza a Milano: "La prima volta all'Inter venivo dal ruolo di coach della nazionale svizzera e fui ingaggiato dopo cinque o sei partite già disputate a inizio stagione. Quella squadra non aveva la stessa quantità di grandi nomi che poi trovai al mio ritorno qualche anno dopo. La seconda volta fu un lavoro più difficile, la squadra non stava vivendo un bel periodo e il presidente era preoccupato che lo cose diventassero pericolose. Ma non potevano diventarlo per quel tipo di giocatori che avevamo. Io feci molto male, perché invece di entrare nello spogliatoio con enorme umiltà stavo ancora soffrendo per il mio primo esonero in carriera con il Blackburn. Arrivai lì con un'attitudine assolutamente sbagliata, fu un totale disastro".

Sulla prima esperienza: "Sono famoso come l'uomo che ha venduto Roberto Carlos. Quell'anno era forse l'unico grande nome che avevamo, a parte i giocatori che erano famosi già all'Inter come Bergomi, Bianchi, Paganin, Festa, Berti, Fontolan, un giovane Javier Zanetti, arrivato quello stesso anno insieme a Sebastian Rambert. L'Inter voleva Rambert. Zanetti è diventato il miglior giocatore che l'Inter abbia mai visto e Rambert durò solo pochi mesi. Il secondo anno quella squadra venne migliorata con acquisti importanti: Paul Ince, Djorkaeff, Sforza, Winter, Angloma, Zamorano. Arrivammo anche a giocarci la finale di Coppa UEFA. Nella seconda esperienza - ricorda ancora Hodgson - trovai Simeone, Paulo Sousa, Pirlo, Zé Maria, Ronaldo: io ero lì con loro, ma non avevo nessun'influenza. Volevo dimostrare di essere un bravo allenatore, ma loro non volevano essere allenati, volevano qualcuno che si curasse di loro e scegliesse la squadra giusta. C'erano un paio di giocatori che avevano paura di essere scelti per essere mandati in campo, perché quando lo speaker avrebbe fatto il loro nome il pubblico li avrebbe fischiati".

Ancora dai ricordi del 1999: "Pirlo giocava raramente, avevamo quattro numeri 10. Alla mia prima partita vincemmo 5-4 contro la Roma, ricordo lo spogliatoio che festeggiava riunito perché quella vittoria ci avrebbe spinti in alto e Moratti che dava alcuni dei suoi consigli. Da bordocampo vedevo i giocatori e non avevo idea di quello che stessero fecendo, sicuramente qualcosa che non consiglierei! Ricordo anche un Baggio magnifico quel giorno. Mentre stava seduto in un angolo e gli altri festeggiavano, mi avvicinai e gli dissi: 'Avrei pagato dei soldi di tasca mia per vederti giocare oggi'. Era stata una prestazione completa e io avrei pagato davvero per avere il privilegio di vederlo giocare. L'esperienza cominciò bene, ma poi le cose precipitarono. Oggi anche Ronaldo mi abbraccerebbe, invece Roberto Carlos sarebbe l'unico che se mi vedesse in strada si girerebbe dandomi le spalle. Perché fu venduto? Solo per i soldi. Pagliuca, Bergomi, Paganin, Berti, Fontolan, Fresi non avevano mercato, forse l'unico sarebbe stato Ince ma era appena arrivato all'Inter. Avevamo una buona squadra, così Roberto Carlos venne messo sul mercato per guadagnare soldi. Io ovviamente assecondai la decisione, ma quando venne ceduto i tifosi si arrabbiarono e furono persuasi dalle voci: 'È stato lui'. Da quel momento a Milano ho l'effigie: 'L'uomo che ha venduto Roberto Carlos'".

Sezione: Copertina / Data: Sab 20 maggio 2023 alle 16:25
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DanieleAlfieri7
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