È proprio vero, che il mondo è simile ad un sogno. Che ottenebra le pupille dei mortali. Soli (e pensosi), racchiusi tra riflessioni sospese e richiami avvertiti da un silenzio che s’intrufola in ogni angolo della memoria. E quando gli uomini entrano in quest’unica, maledetta, dimensione reale, non si può far altro che piombare nella terra di mezzo di se stessi, tra pensieri scapigliati e ricordi sparsi qua e là, in un limbo indefinito, come fotografie del tempo ch’è stato. E che ciclicamente si ripresenta, con un retrogusto amaro, fino ad impossessarsi del nostro cassetto delle meraviglie. Non ha di certo paura di aprirlo, a quasi due anni dalla prima volta. Perché il velo di Maya, nell'attimo in cui l’abbiamo conosciuto, ha deciso di non andarsene più. È rimasto, nell'eterno istante che non ha voluto spezzare le radici illusorie, trascinandosi in lungo e in largo fino a soffocare anche le speranze in apparenza più solide.

SQUARCIARE L’ILLUSIONE. La nostra vera e autentica essenza è la volontà, forza trainante che anima azione e scatena la reazione. Ma viene da chiedersi in che modo esercitarla, come trasformarla in energia vitale, forza inappagabile, per squarciare il velo dell’illusione, in questo panorama che ci sottrae d'ogni certezza. Nella gelida cornice d’una Epifania di fuoco, ha ondeggiato tra le pieghe d’un vuoto surreale il popolo nerazzurro, tra una corsa di gruppo e qualche calcio che nel limbo del Dall’Ara s’è adagiato alle umanissime pedine. Loro sì, un’anima ce l’hanno davvero. Si sono allenate, nell’arido velo. Che nel letargo visivo ha spedito il pomeriggio di tantissimi tifosi, che un’altra giornata di passione avevano intenzione di regalarsela. Se la meritavano eccome. E invece hanno visto annebbiarsi la vista dalle tenebre dell’inganno. Bologna, agli occhi dei mortali, ha mostrato un mondo di cui non siamo in grado di decifrarne l’esistenza. Nemmeno i contorni. Come potremmo?

EVASIONE DALLA REALTÀ. Ogni desiderio, che è pur sempre evasione, è stato estirpato, nell’arida solitudine del profondo del cuor. Perfino quelli di qualche straniero in vacanza che fuori dallo stadio aveva chiesto informazioni sulla modalità d’acquisto dei biglietti per assistere allo spettacolo. Evaporato, nel profondo del cuor. Che rimane l’unica via per contemplare quel che sarebbe potuto essere ma non è stato. Perfino immaginarlo. Perché immaginazione è lasciar agire il mago che è dentro di noi. Senza tracce di malvagità. Quella da cui vorremmo evadere. Magari per recarci nell’isola di Utopia, dove l'ideale è cardine d’una vita fatta di pace perpetua e duratura armonia. Per liberarci di ferite profonde, d’ogni ansia effimera e consistente, di delusioni che dilaniano il palcoscenico. Per illudersi che da un’esperienza terribile possa nascere una nuova realtà, debellata d’ogni traccia di (sur)reale. E allora, eccoci ad Utopia, l’isola che non c’è. Dove la città del Sole è la capitale, ognuno pensa all'altro e il buio non ha ragione d'esistere. Lasciateci partire, in questo mondo simile ad un sogno. Ne abbiamo bisogno. Davvero. Per non vedere più questi giorni.
Sezione: Copertina / Data: Ven 07 gennaio 2022 alle 08:15
Autore: Niccolò Anfosso
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