Lunga intervista quest’oggi a Juary, ex attaccante di Avellino e Inter, che al quotidiano La Stampa racconta come è stato portato in Italia con l’inganno, “Nicola Gravina, manager che mi seguiva fin da ragazzino, confessò. Inizialmente mi dissero che l’Universidade voleva visionare alcuni ragazzi tra cui me, ma mi sembrava strano. Poi Gravina confessò. “Dove cazzo è Avellino? Non ci vado” protestai, ma lui sorrise: “Sai volare? Perché paracadute non ce n’è. Dopo un viaggio in auto da Fiumicino raggiunsi l’ufficio di Antonio Sibilia. Ero incuriosito, inquieto, dubbioso. Invece fu la svolta della mia vita, Avellino diventò casa e il presidente un secondo papà: nei momenti bui c’era sempre, negli affari bastava una stretta di mano”.

Poi dopo i 13 gol in due stagioni all’Avellino, il passaggio all’Inter, ma non andò come sperato: “Mi presero, in realtà, per girarmi al Cesena e avere Schachner, ma l’operazione s’arenò e mi ritrovai a Milano. Faticai ad ambientarmi e non solo per il clima. Ricordo un gol al Catanzaro di cui, per la nebbia, ci accorgemmo solo io e l’arbitro. Il fatto è che ad Avellino ero un re, la squadra mi ruotava attorno e la gente mi coccolava: all’Inter, circondato da campioni, uno dei tanti”.

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Sezione: Copertina / Data: Mer 10 gennaio 2024 alle 12:24
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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