Una clamorosa svolta arriva dal processo di Calciopoli. Gli inquirenti, dopo la movimentata udienza di martedì dove qualcuno aveva sottolineato che l'Inter avrebbe iniziato a traballare, assicurano che l'impianto accusatorio resta ben saldo. Anzi, a dar conto delle indiscrezioni che trapelano negli ambienti della procura, l'accusa ritiene di aver incassato proprio da quell'udienza persino un paio di punti a favore. Innanzitutto, le nuove intercettazioni trascritte dai consulenti di Luciano Moggi e che la sua difesa ha chiesto di acquisire agli atti, secondo i magistrati non introducono nel processo elementi tali da attenuare il coinvolgimento dell'ex dg della Juventus, altrochè.

Ma, e qui è il punto bollente, nemmeno le intercettazioni dove Facchetti, Spalletti ed altri parlano con i designatori introducono elementi fondamentali per Moggi, in quanto vi sarebbe la conferma della tesi del "così fanno tutti", cioè che i contatti con il mondo arbitrale da parte dei vertici delle società fossero un fenomeno generalizzato e non un'esclusiva di Moggi. La procura ha sottolineato che il punto non è certo questo. Le telefonate emerse in questi giorni non sono come quelle di Moggi che tendeva ad alterare risultati: un conto è conversare al telefono, un altro stipulare accordi illeciti (che è la principale accusa contestata nei capi di imputazione). Le 75 intercettazioni indicate dalla difesa di Moggi - e che saranno acquisite certamente alla prossima udienza del 20 aprile - dunque non "spostano alcunché", così spiegò a caldo il pm Giuseppe Narducci.

Poi, per la gioia di tutti i tifosi interisti che per primi a noi di FcInterNews avevano segnalato lo scandalo, i pm avrebbero esaminato oltre a ogni intercettazione, giudicata irrilevante, anche la celebre la telefonata 'madre' di tutte le intercettazioni, quella tra Facchetti e Bergamo con il nome di Collina, ed avrebbero rassicurato i magistrati, che a loro volta ritengono di aver acquisito un dato certo: non è l'allora dirigente dell'Inter Giacinto Facchetti, alla vigilia dell'incontro con la Juventus, a fare il nome di Collina durante la conversazione con il designatore Paolo Bergamo. Dunque non sarebbe l'ex presidente nerazzurro, scomparso nel 2006, a suggerire a Bergamo di inserire il nome dell'arbitro nella griglia ("metti dentro Collina...", era la frase attribuita a Facchetti dai consulenti di Moggi). Ma la grandissima novità sta in un altro passo: nel processo di martedì, Luciano Moggi per la prima volta avrebbe ammesso, sia pure in modo implicito, il possesso di schede sim estere per conversazioni riservate. Ciò sarebbe venuto alla luce dalle stesse domande della difesa dell'ex dg bianconero quando, nel corso del controesame del colonnello dei carabinieri Attilio Auricchio, è stato sottolineato che Moggi adoperava cautele ma allo scopo di parlare in maniera riservata di operazioni di calciomercato.

Per tale motivo in seguito il pm aveva chiesto all'investigatore se, oltre che designatori e arbitri, anche operatori di mercato risultassero aver utilizzato le schede sim individuate nel corso delle indagini. L'ufficiale aveva risposto negativamente. Per i magistrati della procura la circostanza rappresenta un dato di assoluto rilievo, in quanto mai Moggi ha fatto ammissioni in relazione alla questione delle sim estere. I pm Giuseppe Narducci e Stefano Capuano sono intanto al lavoro in preparazione della prossima udienza. Non si escludono, secondo le voci raccolte, nuove iniziative da parte degli inquirenti. Il polverone è dunque destinato a smontarsi.

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 15 aprile 2010 alle 22:54 / Fonte: Corrieredellosport.it
Autore: Fabrizio Romano
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