Diego Milito è protagonista di una lunga ciacchierata con TyC Sports durante il programma 'LíberoVS' e tra i temi affrontati c'è ovviamente anche l'Inter del passato e del presente. El Principe parte da Lautaro Martinez, suo erede al Racing Avellaneda prima e in nerazzurro poi e reduce dalla delusione del settimo posto al Pallone d'Oro: "Parlo con lui, parlo tanto con Lauti, abbiamo un grande rapporto. Lo conoscevo da giovanissimo - ricorda l'ex attaccante dell'Inter del Triplete -. Doveva esordire anche quando ero giocatore, infatti ha debuttato (al Racing, ndr) quando sono uscito io e c'è una foto emblematica. La verità è che è un ragazzo straordinario, mi rende felice e continuerà a superarmi perché sta facendo cose straordinarie. Il Pallone d'Oro? Sono rimasto stupito perché ha fatto un anno straordinario e avrebbe potuto vincere facilmente".

Milito riavvolge poi il nastro negli anni trascorsi a Milano parlando di José Mourinho: "Ha una faccia fuori ma dentro (lo spogliatoio, ndr) è completamente diverso. Fuori appare come il 'male' per proteggere la squadra e diminuire la pressione, ma dentro è una persona molto piacevole. Personalmente con me è stato davvero straordinario. Quando ho firmato con l'Inter mi ha chiamato per darmi il benvenuto e gli ho detto che avrei voluto la maglia numero 22: sapevo che era occupata da Paolo Orlandoni in quel momento. Io gli avevo detto che per la verità quello del numero non sarebbe stato un problema, ma José mi rispose di stare tranquillo. Poi, quando sono arrivato all'Inter, Paolo mi ha raccontato che Mou in un allenamento gli disse: 'Paolo, ti devo chiedere un favore e mi devi dire di sì. Devi liberare la 22'. E alla fine ho preso io la 22".

Poi racconta altri aneddoti per descrivere lo Special One: "Mio padre un giorno arrivò all'allenamento e non voleva infastidire, ma José mi disse: 'Diego, quello è tuo papà no?'. Io gli risposi di sì e lui andò a cercarlo e gli disse: 'Non puoi vedere l'allenamento da qua, vieni con me'. Correvamo intorno al campo e vedevo Mourinho con il mio vecchio (ride, ndr)".

Poi c'è tempo per raccontare un curioso faccia a faccia: "Una delle prime partite che giocai con l'Inter era contro il Genoa, che era il club da cui ero arrivato in una maniera abbastanza 'limpida'. Volevo andare nello spogliatoio a salutare i miei ex compagni che tre mesi prima si cambiavano con me. Alla fine del primo tempo entro nello spogliatoio e mi dice: 'Ascoltami Diego, non vuoi giocare con noi? Qual è il problema? Molti abbracci, molti saluti, ma se non vuoi giocare ti tolgo e metto un altro tuo compagno'. Davanti a tutti. E aveva ragione. Logicamente non è che non volessi giocare, ma era una partita che personalmente ed emotivamente mi toccava. Ovviamente gli dissi: 'No José, tutto bene'. Aveva una sensibilità speciale".

Impossibile non parlare anche della storica doppietta rifilata al Bayern Monaco nella finale di Champions League di Madrid: "Una partita da sogno, per me personalmente e per la squadra. Eravamo davvero convinti di poterla vincere, avevamo giocatori esperti e una squadra forte. La vittoria sul Barcellona ci ha dato tanta fiducia. E' stata una semifinale tremenda, abbiamo sfidato il Barcellona anche nel girone. In semifinale sono state partite spettacolari. Ricordo ancora la corsa al Camp Nou...".

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Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 12 novembre 2024 alle 22:08
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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