Simone Inzaghi sta vivendo sulla sua pelle quello che in momenti diversi della storia del calcio italiano hanno vissuto tutti gli allenatori vincenti. La solita polarizzazione tra chi incensa e chi sottovaluta in base ai risultati o al gioco espresso, anche nei rari casi in cui questi ultimi vengano coniugati. Ma c’è anche un terzo partito, quello dei prevenuti, che continuano a valutare in maniera inadeguata il valore del Demone di Piacenza semplicemente perché guidati da pregiudizi concepiti sulla base di convinzioni personali, puntualmente smentite dai fatti.

E, allora, dopo un Inter-Como, in cui un allenatore talentuoso ed emergente come Cesc Fabregas ha raccontato pubblicamente di voler far due chiacchiere con un collega tanto bravo per imparare qualcosa in più del mestiere a cui si è appena avvicinato, è sorta quasi fisiologicamente la domanda sul perché del trattamento ingeneroso ricevuto dall’ex allenatore della Lazio da una parte della stampa nostrana che stride con quanto pensano e scrivono all’estero. "Sappiamo dove siamo e come si ragiona", ha tagliato corto in conferenza stampa Simone Inzaghi, trattenendo a fatica un sorriso amaro per sottolineare l’ovvio rispetto a questo tema. L’Italia è il Paese dei campanili, dove anche tra gli addetti ai lavori sono rari gli attestati di stima destinati all’avversario di turno dopo una sconfitta. Si tende a riempire di elogi gli antagonisti solo alla vigilia, per poi cercare ogni alibi nel post per giustificare un ko. Vige la regola del 'rosicamento' più che della sportività, quindi le parole di Fabregas suonano come musica per le orecchie di chi vive lo sport come competizione leale in cui si riconosce il valore dell’avversario. Non c’era una virgola di ipocrisia nel discorso dell’ex centrocampista di Arsenal e Barcellona, che già in tempi non sospetti aveva sottolineato l'unicità del gioco messo in pratica dall’Inter grazie alla filosofia di calcio relazionale di Inzaghi: "Domina tantissimo il 3-5-2, si vede bene il movimento che fanno i giocatori. Mi sembra incredibile perché è un'anarchia totale dietro alla quale si vede un grande lavoro", le sue parole a Sportmediaset dello scorso 18 ottobre. Due mesi più tardi, dopo la splendida figura dei lariani in casa dei campioni d’Italia, Fabregas ha colto l’occasione per rinnovare la sua stima nei confronti di un un allenatore che ha creato un modello di gioco bello ed efficace, da ammirare da tutti i punti di vista: "Se il pullman mi aspetta, mi piacerebbe parlare con lui - le sue parole a DAZN -. Lo dico con tutta la sincerità del mondo: penso sia un allenatore fortissimo, con tante idee. Mi ha fatto piacere giocare contro di lui, metterlo in grande difficoltà. Mi piace imparare, quando parli coi migliori, e Inzaghi è uno di questi, si può solo migliorare e prendere cose positive", ha aggiunto nella sala conferenze di San Siro. 

In attesa di fare bilanci definitivi sulla sua carriera in panchina, Inzaghi intanto incassa volentieri questi complimenti, ben sapendo che sarà indispensabile vincere, specialmente a livello europeo, e rivincere in Italia per avere maggiore considerazione rispetto a quella di cui gode adesso. Prima di lui la stessa sorte è toccata, per esempio, a Carlo Ancelotti, per citare un caso eclatante: da perdente alla Juve, è diventato qualche giorno fa il tecnico più vincente della storia del Real Madrid, il club più prestigioso al mondo. Una parabola incredibile, che alcuni denigratori continuano a sostenere sia stata tracciata solo per fortuna: praticamente, per costoro, Carletto vince la lotteria ogni anno da vent'anni a questa parte. In tempi più recenti, Jurgen Klopp è diventato un top coach solo nel momento in cui ha vinto Premier e Champions League con il Liverpool, come se fare quello che aveva fatto con il Borussia Dortmund non fosse sufficiente ad elevarlo tra i grandissimi del nostro tempo. Per convincere gli ultimi scettici, insomma, Inzaghi ha tutto il tempo dalla sua. Discorso diverso, invece, per chi diffida a prescindere: per questi non c’è speranza...

Sezione: Editoriale / Data: Gio 26 dicembre 2024 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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