Casa Sky Sport ospita Nicola Ventola: tocca all'ex attaccante di Bari, Inter, Atalanta e Torino rispondere quest'oggi alle domande dei curiosi giunte alla redazione di Sky Sport. 

Come stai vivendo questo momento?
"Sono solo, situazione che stanno vivendo in tanti. Mi manca mio figlio che non vedo da due mesi. Bisogna fare sacrifici, serve attenerci; però sono convinto che ripartiremo con quello che avevamo prima e con più valore". 

Cosa pensi dell'eventuale ripartenza?
"Il calcio deve ricominciare, le tecnologie e le strutture per evitare contagi ci sono. E' inutile dire adesso che non si ripartirà, bisogna capire la situazione. Poi i calciatori vogliono ripartire, non importa quando". 

Hai fatto parte di un'Inter che faceva sognare.
"Sicuro perché Ronaldo e Baggio a quei tempi facevano sognare il mondo. Ho avuto l'onore di giocare con loro, in partita mi facevano anche tirare le punizioni, feci anche un gol in Champions League. Sono orgoglioso di questo". 

Sei lusingato o torturato dal fatto di essere sempre stato ritenuto una grande promessa?
"Io ero uno che sapeva arrivare sulla palla prima di tutti, ma subendo nove operazioni si perdono tante caratteristiche. La mia carriera a un certo punto non era a livelli top, ma d'altro canto non ho nessun rimpianto. Ho sempre visto la positività nelle cose, potevo anche smettere perché a 24 anni sono stato fermo per un anno, per operarmi sono andato in Colorado. Potevo fare di più, ma al fato non si comanda". 

Qual è stata la prima emozione al gol in Inter-Spartak Mosca?
"Prima voglio dire che quel gol era nato in allenamento il giorno prima, Ronaldo si divertiva a passarmela di tacco. Quella sera, Ronaldo si avvicinò e mi propose lo schema. Io gli dissi di evitare di fare brutte figure, poi parte quel missile... In quel momento non capisco più nulla, corro verso la Curva Nord. Emozioni incredibili, come quelle vissute il giorno della doppietta col Cagliari al debutto in nerazzurro. Io chiedevo a Matarrese di farmi restare a Bari, perché pensavo che all'Inter non potevo giocare. Invece con quell'inizio ho capito che anche io potevo giocare in quella squadra e di poterci essere nel calcio che contava".

C'è qualcuno in cui ti rivedi oggi?
"Un po' Andrea Belotti, uno che si sacrifica anche se fa più gol di me. Ma lotta, gioca per la squadra, dà profondità".

E chi era il tuo giocatore modello?
"A me è sempre piaciuto Alen Boksic, era fortissimo: tecnico, veloce, acrobatico. Mi ha sempre fatto sognare". 

Ventola ricorda il gol promozione segnato in un Bari-Castel di Sangro.
"Sono sempre stato tifoso del Bari, giocare lì per me voleva dire essere arrivato. Ricordo l'atmosfera di quel giorno, con lo stadio stracolmo. Ora al Bari Luigi De Laurentiis sta facendo un grande lavoro, le ambizioni sono importanti per la scalata. Dovessimo tornare in Serie A si rivedrebbero nuovamente quelle scene al San Nicola. La canzone dedicata al Bari? Mi è sempre piaciuto cantare, poi sognare non costa niente e a volte si realizzano. Ho nel cuore tutti i club dove ho giocato, ma da bambino il mio sogno era vestire quella maglia. Quindi mi sono sentito di fare quella canzone".

Sull'esordio con la maglia del Bari.
"Giocai cinque minuti senza prendere il pallone ma in compenso rimediando un calcio da Marcio Santos, campione del mondo col Brasile. E al mio paese andavo in giro a dire questa cosa".

Sul rapporto con Bobo Vieri e le dirette Instagram.
"La parola che chiude tutto è calcio, se siamo rimasti uniti per venti anni lo dobbiamo al calcio e alle sue emozioni. E' un mix di aneddoti e cose divertenti, dove però si parla in primo luogo di calcio e delle emozioni che si regala. Siamo noi con Lele Adani, ogni volta oltre 400mila persone ci seguono. Fa bene a loro ma fa bene anche a noi rivivere quelle emozioni".

Chi è stato il suo miglior compagno di squadra al Bari?
"Un po' mi hanno aiutato perché a volte andavo bacchettato: voglio ricordare su tutti Klas Ingesson, mio capitano; era un combattente di poche parole ma che mi ha dato veramente tanto. Ho giocato con lui anche a Bologna. Poi c'erano altri elementi che mi hanno aiutato, ma lui oltre a essere un capitano fantastico era un grandissimo uomo".

Ma è vero che una volta a Cuper hai detto di giocare con il 5-5-5?
"Ho portato la mia baresità dapperutto, L'Allenatore nel Pallone' era un cult perché nel ridere c'erano anche delle emozioni nel vedere i gol di Aristoteles. Cuper ce lo faceva vedere".

Che rapporto hai con Cassano?
"Si sapeva che era un predestinato, il talento pugliese più forte mai avuto da questa terra. Ha fatto tutte le squadre più importanti e un Europeo da protagonista". 

Sezione: Copertina / Data: Mer 29 aprile 2020 alle 14:35
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
vedi letture
Print