Un racconto a tutto tondo, tra calcio e tante avventure extracampo. È quello che Nicola Berti rilascia ai microfoni del Corriere della Sera, un'intervista della quale riportiamo alcuni passaggi:

Quando firmò il primo contratto con la Fiorentina venne definito 'il miliardario con lo zero in condotta'. Perché?
"Assieme ad altri dieci “geni” in prima media andammo su una collina di Salsomaggiore a fumare e a perdere tempo. Per separarmi dalle cattive amicizie mi bocciarono".

Vero che Tardelli era il suo idolo da ragazzo?
"Fu Claudio Gentile, mio compagno a Firenze, che un po’ mi forzò a dire questa cosa. Certo, Tardelli mi piaceva e quando me lo hanno presentato sono arrossito, anche se io ero più bravino (ride ndr). Nel Mondiale del 1982 comunque io impazzivo per il Brasile".

E nel 1994 se lo ritrovò in finale. 
"Contrariamente a quanto si pensa mi ero candidato per calciare il rigore, ma Sacchi mi saltò. Mi consolai per la sconfitta andando a San Diego con i miei amici brasiliani".

Il suo appartamento a Soho, New York, tornò utile in quel Mondiale?
"L’avevo comprato un anno e mezzo prima ed era fighissimo. Ma quello “stronzo” di Sacchi, mi raccomando lo scriva tra virgolette, nel giorno di riposo ci dava libertà dalle 11 alle 23, quindi ci toglieva la serata. Però due-tre chiamate per fare festa al pomeriggio con i miei compagni forse le ho fatte (esplode a ridere, ndr)".

Lei, unico interista della spedizione, sembrava il meno sacchiano di tutti.
"E invece forse lo ero più degli altri, perché giocavo dove voleva lui. Ero uno serio, anche se fumavo il cubano in camera di Baresi. Quell’anno dopo un lungo infortunio, come ha detto il nostro allenatore Marini, ho salvato l’Inter dalla B, ho segnato nella finale di andata della Coppa Uefa che abbiamo vinto. E poi ho giocato tutto il Mondiale in fascia: un ruolo non mio".

La Fiorentina l’aveva già venduta al Napoli, ma lei si rifiutò e volle l’Inter. Perché?
"Ero già in Nazionale e si scatenò l’asta. Erano tutti a Salsomaggiore per me: Moggi, Boniperti, Galliani, Beltrami dell’Inter. Il rialzo nerazzurro arrivava sempre di notte e finii per guadagnare più di Bergomi, Ferri e Zenga messi insieme. Vincemmo subito lo scudetto dei record e l’asse fondamentale era Brehme, Berti, Serena".

Sempre al Mondiale ’94 disse che l’Inno di Mameli 'non si può sentire'.
"Invece per far ridere i miei compagni a Italia '90 mi mettevo la mano sul petto, ma a destra. Ero uno che sdrammatizzava, in un ambiente che si prende troppo sul serio. Ho fatto la carriera secondo le mie regole, mantenendo un equilibrio. Per questo non ho nessun rimpianto".

Gli interisti le perdonavano tutto?
"No. Dopo una sconfitta con la Samp a San Siro mi avevano puntato. Allora ho chiesto ad Eriksson se mi ospitava nel pullman doriano per uscire dallo stadio. E mi sono disteso fra i sedili...".

I fischi da ex a Firenze le fecero male?
"Sì, è stata l’unica volta che mi sono tremate le gambe, c’erano i vecchi che mi tiravano le monetine e il Trap mi ha tolto nel primo tempo. Mi sono incazzato, ma aveva ragione lui".

ACQUISTA QUI I PRODOTTI UFFICIALI INTER!

Sezione: Copertina / Data: Mer 19 febbraio 2025 alle 11:31
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
vedi letture
Print