"Per me, il derby è finito quando sono uscito dallo stadio. La parte mentale è molto importante, forse più importante di tattica e tecnica. Le gare sono tanto emozionali, stare bene a livello di testa conta". Così Paulo Fonseca, tecnico del Milan, ripensando alla vittoria sull'Inter di domenica scorsa, durante la conferenza stampa andata in scena a Milanello, alla vigilia della sfida contro il Lecce. 

"È molto molto importante questa prossima partita, dobbiamo confermare che siamo in crescita - ha aggiunto il portoghese -. Penso che la vittoria contro l'Inter derby ha senso, se vinciamo col Lecce e confermiamo che siamo migliorati. Dobbiamo recuperare dei punti. Tutto questo è importante per avere motivazione domani. È una partita pericolosa dopo il derby, quando vinci partite importanti dopo è più difficilie. Ma non possiamo sbagliare: dobbiamo vincere".

Tornando sulla sfida di domenica, Fonseca ha risposto così a chi gli ha chiesto se possa essere un segnale scudetto: "Era tanto tempo che il Milan non vinceva un derby, porta fiducia e altra atmosfera nel gruppo di lavoro. Io sono così, cerco di essere sempre equilibrato. Una partita ovviamente può aiutare i giocatori con la fiducia, ma è solo una partita. Se non vinciamo domani, allora torniamo indietro. Dobbiamo dimenticare il derby, concentrarci solo sulla prossima partita che è la più importante. L'atmosfera è positiva ed è importante, ma è importante anche capire che il derby è passato e non conta più. È stato importante ma il futuro è più importate. Sullo scudetto continuo a dire quello che ho detto il primo giorno: al Milan dobbiamo pensare allo scudetto, non possiamo pensare ad altro".

Infine, una considerazione sulla sua posizione in bilico prima del derby: "Noi latini siamo così (ride, ndr). Sono stato in una piazza che era così: se vinciamo siamo i migliori, se perdiamo... Non voglio dire questa parola (ride, ndr). Ho fatto lo stesso che ho fatto nelle scorse settimane. Alcune volte quando non si va bene non vogliamo leggere niente, ma quando vinciamo è diverso: ma per me non è cambiato niente, non ho letto niente. Dobbiamo continuare a lavorare, a imparare, a migliorare: è la cosa più importante per me. Un giorno, quando ero in Portogallo, sono uscito con mio figlio, aveva 12 anni. Mi diceva che i tifosi erano arrabbiati con me: gli ho detto che quel giorno erano arrabbiati, il giorno dopo avrebbero applaudito. Il calcio è questo, emozione, momenti di tristezza e gioia. Essere tifosi è essere questo. Non è essere equilibrati. Io devo essere l'opposto, sono l'allenatore e devo essere equilibrato. Ma capisco l'irrazionalità dell'amore dei tifosi, non ho dentro di me nessun sentimento negativo per chi prima non era con me e ora è con me. So che è così".

Sezione: L'avversario / Data: Gio 26 settembre 2024 alle 14:34
Autore: Mattia Zangari
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