Il cazzotto di De Rossi a Icardi e il colpo di Juan Jesus a Romagnoli hanno fatto tornare gli occhi del grande pubblico del calcio sulla prova-tv. Premesso che entrambi i gesti, se visti dall'arbitro, sarebbero dovuti essere puniti con il cartellino rosso e il calcio di rigore, bisogna evidenziare come la parificazione della pena sia piuttosto improbabile. L'uno, De Rossi, sferra un pugno sulla mascella di Icardi; l'altro, Jesus, colpisce non si sa bene con quanta violenza (nessun replay è chiaro in tal senso) il corpo di Romagnoli. Eppure, Icardi non fa un fiato, mentre l'altro stramazza. Infliggere la stessa pena per un reato diverso è profondamente sbagliato e sa tanto di solito cerchiobottismo italiano.

Detto ciò, l'occasione è gradita per analizzare a più ampio raggio l'effettiva efficacia della prova-tv. Inventiamo: e se De Rossi avesse risposto con un pugno a un pizzico di Icardi? E se Jesus avesse risposto con un colpo a uno sputo di Romagnoli? Le immagini tv, per quanto evidenti, non hanno una cronologia totale e non tutti i protagonisti sono ripresi 90 minuti su 90. La conseguenza fatale è che tutto è affidato al caso. Scenario plausibile: De Rossi sferra il pugno, Icardi non fa un fiato, il cameraman inquadra un altro duello in area e nessuno saprà mai del colpo inferto dal capitano giallorosso all'attaccante dell'Inter. Troppo casuale, troppo flebile: salta completamente l'imparzialità di giudizio. E così, uno strumento che dovrebbe equalizzare in realtà finisce per alterare la parità tra i contendenti.

Punto uno: non tutti gli stadi sono dotati dello stesso numero di telecamere. Identico discorso tra una partita e un'altra: se per il derby di Milano, ad esempio, si arriva alla sky-cam ''volante'', per un Sassuolo-Catania la copertura televisiva resta minima. Si capisce bene come a livello puramente statistico siano molto più sotto la lente d'ingrandimento i protagonisti di Inter-Milan che non quelli del match del Mapei Stadium. Una grave parzialità dentro lo stesso campionato e, come detto prima, addirittura anche all'interno della stessa partita. Di conseguenza, o si piazzano 22 telecamere che seguono singolarmente i giocatori 90 minuti su 90 oppure così non va bene. Non va bene soprattutto perché chi promuove e sfrutta la tecnologia quando si tratta di stangare con 3-4 giornate di stop il responsabile di turno poi non è altrettanto coerente nel momento in cui si chiede lo stesso tipo di ausilio per gli arbitri durante tutto l'arco del match (la famigerata ''moviola in campo'').

Questo sì che risolverebbe un sacco di guai. Cosa volete che freghi a Mazzarri della squalifica di De Rossi? Altro discorso sarebbe stato se il quarto uomo, a bordo campo, avesse avuto la possibilità di segnalare il fatto all'arbitro: rosso, rigore e match in discesa. Per non parlare poi di quando le telecamere inchiodano qualcuno in un gesto violento, ma il Giudice sportivo non può utilizzare le immagini tv perché l'arbitro nel referto dichiara di aver visto e valutato l'azione, seppur sbagliando. E' successo poche giornate fa con Spolli, autore di due tacchettate a un avversario: nessuna prova-tv, nonostante la violenza palese. Siamo al paradosso.

Che poi non funziona nemmeno come deterrente, poiché chi va in campo – purtroppo o per fortuna – non pensa di stare sul Grande Fratello, ma solo a giocare a calcio, con tutti i pro e i contro. Tra prova-tv parziale, squalifiche di settori di stadio ad minchiam e codici etici improbabili, in Italia si sta stravolgendo davvero il senso di questo sport. Ma davvero qualcuno crede ancora che non passi l'approvazione della tecnologia, come da anni avviene in altri sport, perché altrimenti ''non sarebbe più calcio''? Quanto sono comode quelle poltrone... 

Sezione: La Rubrica / Data: Gio 06 marzo 2014 alle 00:30
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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