Quella di Ivano Bordon è stata "una vita da portiere. E da preparatore dei portieri". Lo dice con orgoglio il diretto interessato, protagonista di una lunga intervista concessa oggi a La Gazzetta dello Sport: "Ho giocato nella mia bella Inter, ho vinto due Mondiali, con Bearzot e Lippi. Vice Zoff nel 1982, preparatore di Buffon nel 2006", ricorda. 

Quando ha cominciato a divertirsi?
"Prestissimo, a Marghera dove sono nato. Mi diverto anche adesso, con il mio libro scritto con Jacopo Dalla Palma. Mi chiamano nei piccoli paesi e nei club per raccontare il mio calcio. Bei posti, recentemente sono stato nel Delta del Po, a Porto Tolle. Ci sono andato volentieri per ricordare un caro amico, Ottorino Veronese, che giocava con me nelle giovanili dell’Inter. Anche lui portiere, bravissimo ma sfortunato. Si è fatto male, ha giocato un po’ in serie C con il Rimini e ha smesso presto".

La sua è stata una carriera sempre in presa alta?
"Sono stato fortunato. Ho vinto, conosciuto gente, ho fatto qualche record. Un sondaggio dei tifosi interisti mi ha inserito nella Hall of Fame dei migliori portieri di sempre, assieme a Zenga, Toldo, Pagliuca e Julio Cesar".

È in buona compagnia…
"Fa piacere. Segno che ho lasciato buoni ricordi, fra Inter e Samp. Mio padre lavorava in una fabbrica di mattoni refrattari, io sono salito in cima al mondo".

18 campionati di A, solo Inter e Samp. Due sole squadre e un debutto (novembre 1970) nel derby con il Milan.
"Non è stato un grande esordio. Avevo diciannove anni, sono entrato nel secondo tempo al posto di Lido Vieri, il mio maestro, sull’uno a zero per loro. Io ne ho presi altri due, ma poi abbiamo vinto lo scudetto. Dopo il derby hanno esonerato Heriberto Herrera e promosso Invernizzi. Ho giocato solo nove partite, ma ero in campo a Catania nel giorno del sorpasso sul Milan".

Heriberto, detto HH2. Tutti ne parlano male. Era veramente un martello asfissiante?
"Maniaco delle diete, controllava in maniera ossessiva la vita dei giocatori. Ci pesava continuamente, ci chiamava alla sera, voleva sapere dove eravamo, cosa facevamo. Io dividevo l’appartamento con Mauro Bellugi. Heriberto telefonava: “Siete in casa? Me passi por favor el Mauro”. Io dicevo: “Mister, Mauro è andato giù a buttare la spazzatura”. Non era vero, Bellugi era in giro per gli affari suoi. E Heriberto allora minacciava: “Se non c’è, multa”. Non si viveva bene. Poi si era messo contro i senatori della Grande Inter, lasciando fuori rosa Jair e Bedin. Capirai... L’hanno mandato via, con Invernizzi siamo diventati campioni d’Italia".

Il primo dei suoi due scudetti all’Inter. Nell’altro c’era Bersellini. Lo chiamavano il Sergente. Anche lui martello?
"Ma no. Era un grande uomo e non lo dico perché con lui sono arrivato in Nazionale. Sì, Eugenio era severo, qualche volta duro. Ma un educatore, sempre chiaro e onesto".

E i momenti caldi con l’Inter?
"Tantissimi. Scudetti, derby, grandi compagni. Burgnich, Facchetti, Mazzola, Boninsegna, Corso… Un ambiente straordinario, emozioni. Sì, compresa la lattina contro il Mönchengladbach in Coppa dei Campioni. Boninsegna colpito, perdiamo 7-1, l’avvocato Prisco fa ripetere la partita e io paro un rigore, facciamo 0-0 e ci qualifichiamo ai quarti. Nel 1971, a Berlino, crocevia della mia storia calcistica. Lì, 35 anni dopo, con la Nazionale vinco il mio secondo Mondiale, preparatore del grandissimo Buffon. Che bel posto Berlino".

Ha giocato con Zoff in azzurro e lavorato con Buffon alla Juve. Chi scegliamo?
"La domanda delle cento pistole. Dino il più bravo della sua epoca, Gigi il migliore nella sua".

E quelli di adesso?
"Tutti bravi, come dice il mio maestro Lido Vieri. Maignan, De Gea, Meret, Carnesecchi, Di Gregorio… E il Sommer della mia grandissima Inter".

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Sezione: Focus / Data: Sab 12 aprile 2025 alle 10:22
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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