"Le società sono state lasciate sole: ora il riconoscimento facciale negli stadi". Tuona così l'amministratore delegato della Lega Serie A, Luigi De Siervo intervistato da Calcio e Finanza per discutere ampiamente di tutta la questione legata alla maxi-inchiesta della Procura e Dda di Milano che hanno messo in luce il problema delle infiltrazioni mafiose nelle curve di Inter e Milan.
L’indagine sul tifo organizzato di Inter e Milan ha svelato i rapporti degli ultras con la criminalità organizzata e il loro coinvolgimento in affari illeciti. Una cosa che – per le modalità in cui è venuta a galla – sembra essere stata fatta alla luce del sole. Di chi è la colpa dell’immobilismo nei confronti di questa situazione?
"Sul caso specifico vorrei evitare di dare giudizi sommari, le indagini sono ancora in corso, ma da quanto emerso è palese che nelle curve si fosse infiltrata da tempo la malavita che gestiva indisturbata varie attività criminali tra cui lo spaccio di droga. Il mondo del calcio ha denunciato pubblicamente da anni come gli stadi siano divenuti oramai una 'terra di nessuno' dove regna l’illegalità. Basta fare una ricerca per ritrovare decine di dichiarazioni pubbliche al riguardo. Si pensi che alcuni Presidenti, che hanno intrapreso una battaglia costante contro queste frange malate della tifoseria, vivono sotto scorta da anni. È ridicolo pensare che questa responsabilità possa essere attribuita al mondo del calcio. Le Società sono state lasciate sole e senza strumenti per affrontare un problema enorme con gravi ripercussioni reputazionali e conseguenti perdite economiche".
Si parla di club in balia di organizzazioni criminali e Società vittime e lasciate sole. Cosa pensa che possa fare lo Stato per intervenire in maniera concreta sotto questo aspetto? Quali sono – se ci sono – le colpe dei club?
"Il calcio è patrimonio del Paese ed evidentemente necessita dell’aiuto costante e consistente delle Forze dell’ordine per riuscire a liberare le curve dai malavitosi. Le squadre, per proprio conto, dopo aver sostenuto ingenti costi per installare i tornelli di accesso, per adeguarsi alle normative sul biglietto nominativo e aver pagato direttamente il servizio steward dentro lo stadio sono disposte a investire ancora per dotare tutti gli stadi di Serie A di impianti di riconoscimento facciale e telecamere in alta definizione che possano garantire, in caso di episodi violenti, atti di discriminazione o di razzismo, di mettere a disposizione delle Forze dell’ordine post gara le immagini e i dati identificativi dei responsabili. In un tempo ragionevolmente breve saremo quindi in grado di impedire a questi soggetti criminali di tornare a delinquere negli stadi, consentendo di accogliere le famiglie e la parte sana del tifo che già negli ultimi anni è tornata a far crescere il numero degli spettatori, nonostante i nostri impianti abbiano un’età media vicina ai 70 anni. Dovendo usare uno slogan potremmo dire che in Italia abbiamo bisogno sia della riforma Thatcher (Public Order Act 1986), per estirpare la parte criminale del tifo, sia del 'Rapporto Taylor' per responsabilizzare i nostri Club spingendoli ad ammodernare gli stadi con strumenti innovativi che consentano di “espellere” chirurgicamente i violenti".
L’idea sui cui la Lega Serie A sta spingendo ormai da tempo è appunto quella del riconoscimento facciale negli stadi. A che punto è la fase di sviluppo della tecnologia? Ci sono tempistiche per vederla utilizzata?
"Entro un anno dall’inizio dei lavori tutti gli stadi di Serie A saranno pronti per l’implementazione del riconoscimento facciale da effettuare ai varchi di ingresso. Il progetto è stato studiato in ogni dettaglio ed è già pronto per essere realizzato".
Con l’introduzione di questa tecnologia, potrebbe così sparire la responsabilità oggettiva dei Club (anche in termini di multe dal giudice sportivo) per quanto avviene negli stadi?
"Certamente, basta utilizzare l’articolo 7 del Codice di Giustizia Sportiva inserendo gli investimenti per il riconoscimento facciale tra le scriminanti previste per evitare la responsabilità oggettiva. Questo genererebbe evidenti ripercussioni positive evitando sanzioni pecuniarie e gravi danni di immagine anche a livello internazionale. Inoltre la parte sana del tifo, che è bene ricordare rappresenta ancora la stragrande maggioranza, non sarebbe costretta a subire le colpe di facinorosi come avvenuto per la recente partita a porte chiuse Genoa – Juventus, in cui si è impedito di andare allo stadio a oltre 30mila tifosi per gli scontri con le Forze dell’ordine avvenuti lontano da Marassi nella settimana precedente alla gara".
Oltre al riconoscimento facciale, su quali altri punti può intervenire il calcio?
"Ritengo che il riconoscimento facciale sia l’ultimo tassello di un percorso iniziato col Decreto Pisanu diversi anni fa. Sono stati fatti passi importanti come la nascita dell’Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni sportive, l’introduzione dei biglietti nominativi, dei tornelli e della tessera del tifoso. Le Società hanno sempre fatto la loro parte per liberare gli stadi dalle frange violente. Servono anche impianti moderni per consegnarli alle famiglie, che devono considerarli come la propria seconda casa dove poter vivere la gara nella massima serenità".
Crede che il tifo organizzato sia destinato a cambiare o a sparire dopo questa indagine o c’è il rischio che dopo un periodo di “quiete” tutto torni come prima?
"Il tifo organizzato di per sé non ha un’accezione negativa, anzi in Italia esistono centinaia di associazioni di tifosi che vanno allo stadio comportandosi in modo fantastico. La speranza è che l’indagine e gli arresti compiuti a Milano rappresentino davvero un punto di inizio di una nuova fase per rendere gli stadi a misura di famiglie e pieni di tifosi civili".
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