Lunga e interessante intervista a Michele Di Gregorio su La Repubblica. Un excursus su quella che è stata la sua carriera, partendo dalle giovanili in nerazzurro. "Ho avuto bisogno di fare uno step alla volta. Se sei nella Primavera dell’Inter ti credi già giocatore, hai gli sponsor, le comodità, ti sembra tutto già fatto. Anch’io ero andato oltre, ma sono stato bravo a tornare indietro. L'Inter? Ci sono arrivato che non avevo ancora 7 anni e l’ho lasciata che ne avevo quasi 19. È un’esperienza che mi ha formato, perché mi sono stati messi a disposizione educatori prima che allenatori, che la differenza l’hanno fatta quando cominci a pensare che allenarsi è un sacrificio, quando vedi gli amici che vanno in gita, che cominciano a uscire la sera, che ti stai perdendo un sacco di prime volte".

"È stato educativo - continua - e mi ha preparato a entrare in uno spogliatoio di C dove il rapporto non era più con ragazzini ma con uomini di 34 o 35 anni per cui conquistare la salvezza è fondamentale per mantenere la famiglia. Io abbandonato dall'Inter? No. Nei cinque anni in prestito mi ha permesso di rimanere in piedi, tipo quando ero andato all’Avellino che subito dopo fallì. In fondo, se ho reciso il legame con l’Inter è stato per una furbata di Galliani, il numero uno, che ha voluto il diritto di riscatto perché credeva tantissimo alla promozione del “suo” Monza e ha avuto ragione. Non porto rancore. L’Inter ha fatto per me qualcosa che non potrò mai dimenticare, starmi a vicino quando, a 13 anni, ho perso mio padre".

Sul ritorno all'Inter, Di Gregorio ha un'idea precisa: "Non me lo sono mai veramente aspettato. Se però fosse successo avrei voluto farlo dalla porta principale. La comparsa non l’avrei mai fatta. Non ho mai detto a nessuno “vengo se mi garantisci di essere titolare”, ma “vengo se mi dici che vuoi esattamente me”.

Enuncia, Di Gregorio, due persone fondamentali per la sua carriera. "Una è il mio procuratore, Carlo Alberto Belloni, che mi ha detto mille volte di cambiare se avessi voluto fare carriera. Ma io ho sempre pensato se arrivo, arrivo a modo mio oppure non arrivo. I sogni ho voluto realizzarmi senza snaturarmi né scendere a compromessi. L’altra è Luciano Castellini, che racchiude un po’ tutto il discorso che ho fatto prima sul settore giovanile dell’Inter. Io tifoso dell'Inter? In realtà in famiglia erano milanisti, mentre io ho sempre ammirato più i giocatori che le squadre: Kakà e Abbiati, Zanetti e Julio Cesar, Buffon e Del Piero, la cui non reazione quando a Roma prese quello schiaffo da Cufrè ha per me un valore immenso. Ho ammirato Handanovic, è stato un sogno allenarmi con lui, avere i suoi consigli. Non ho mai capito perché si debba odiare uno solo perché è di un’altra squadra".

"Sono stato - racconta ancora - uno di quei ragazzini che scuotono il tendone della Champions quando parte la musichetta. La prima volta da giocatore ci ho vinto con il Monza ed è stata un’emozione indescrivibile, figuriamoci come sarà domenica, con la rivalità che crea un’atmosfera bellissima".

Sezione: Focus / Data: Ven 25 ottobre 2024 alle 09:52
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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