"Ci è mancato il gol, ci vuole di più per segnare a una grande squadra come l’Inter" ha detto Rovella in conferenza post partita. E la narrazione del match di ieri sera è probabilmente tutta banalmente riassumibile nella frase di cui sopra: l'Inter è una grande squadra. Bizzarro dirlo con cotanta serenità d'animo dieci giorni dopo quella che sembrava la notte della disfatta, eppure una settimana e mezzo dopo la sconfitta di Torino, i campioni d'Italia scrivono sul prato del Meazza una novella che sa tanto di racconto onirico e persino sugli spalti, per lunghi tratti di match, si respira un'aria di scioltezza che, pensando ai giorni addietro, sembra surreale. Aver pensato che i nerazzurri potessero 'snobbare' la Coppa Italia è stata la suggestione di molti, specie tenendo conto del tour de force che li attende dopo la sosta, quando oltre agli eventuali quarti di Champions League e le sei partite di campionato in programma si aggiunge l'appena conquistato doppio derby. Due partite aggiuntive che richiederanno impiego extra di energie non indifferente ma che non spaventa e al contrario carica gli stessi interisti come suggerisce il beffardo sorriso di Yann Bisseck, stuzzicato sullo spirito di rivalsa suscitato dall'ennesimo incontro stagionale con i cugini, quest'anno negli scontri diretti più smaglianti dei nerazzurri. Mimica facciale del tedesco che non tradisce senza altresì svelare nessuna grande ultim'ora che non fosse già stata propalata sul rettangolo verde nei novanta e rotti minuti giocati dall'Inter.
La squadra di casa, scesa in campo con una formazione atipica, orchestrata da un buon Kristjan Asllani nei panni della pedina pensante del centrocampo che, al netto di qualche retro-passaggio di troppo dettato da una limitata fonte d'ispirazione davanti e il ben preciso compito di rischiare poco con un giropalla semplice, e un prezioso, finalmente tu, Piotr Zielinski. Se l'italo-albanese nei primi minuti soffre Rovella e Guendouzi che lo costringono all'errore e a lasciare degli spazi di cui nel primo tempo la Lazio prova ad approfittare ma invano, per trovare poi dimestichezza e fiducia crescenti nel corso della partita, la vera bella nota dell'infrasettimanale di ieri è la prestazione della mezzala polacca. L'ex Napoli nobilita da solo il centrocampo nerazzurro, composto per l'occasione da 'co-titolari’, privo di Barella, Calhanoglue Mkhitaryan, e in una linea centrale che perde Darmian prima della mezz'ora e non vede brillare Frattesi né il sopraccitato regista, tantomeno Dimarco sull'esterno sinistro che seppur sempre attento a venire in soccorso ai compagni non trova mai un vero scintillio che fa rabbrividire gli avversari. Facile per Piotr brillare, che con la sua qualità ha finalmente incantato i 53.000 e oltre di San Siro quasi straordinariamente per la sua per la traboccante naturalezza, in un contesto di generale esecuzione del compitino, che al polacco risulta più semplice gestire grazie agli straordinari di un reparto arretrato che si prende carico di una partita in cui a giganteggiare sono soprattutto i difensori. Bisseck non sembra mai aver patito l'infortunio ed è la spina nel fianco dei biancocelesti, in fase difensiva quanto davanti - suo il guizzo che porta al rigore procurato da Correa - ed è, insieme al solito impeccabile compagno di reparto De Vrij, uno dei più meritevoli in una serata risolta poi da una certezza e mezzo: Calhanoglu letale dal dischetto e Arnautovic, l'uomo dai gol nelle coppe.
Se Zielinski è la nota vellutata di un'apparente iniziale insipida serata, le buone risposte raccolte da Simone Inzaghi nel confronto con la sua ex squadra sono più di una, al netto dell'ennesima pillola amara da deglutire che sposta di reparto l'ago delle preoccupazioni. La sofferenza da patire è l'ennesimo infortunio stagionale che manda in infermeria Darmian, il terzo esterno dopo Carlos Augusto e Zalewski, lasciando Dimarco e Dumfries a fare l'all-in di sforzi, un inconveniente che non aiuta in vista del Napoli e neppure per gli incontri successivi. Il reparto avanzato, in attesa del rientro di Marcus Thuram sul quale il piacentino non è stato garantista (LEGGI QUI), serve intanto un eurogol che fa impazzire i fortunati ad assistere e l'intera panchina dell'Inter corsa ad abbracciare Marko Arnautovic, autore di una rete che premia perseveranza e sacrificio di rado mancate all'austriaco quando viene chiamato in causa. Una risposta non banale per una squadra spesso Lautaro-centrica o più in generale ThuLa dipendente alla quale è mancato fin qui l'apporto dei tre attaccanti che completano il reparto, tutti e tre chiamati in causa contro la Lazio. Alla spumeggiante notte di Arna fa da contraltare la spiacevole bocciatura di Taremi, ancora una volta spaesato e tristemente sfiduciato. Intrappolato nel suo patema di non riuscire a incidere positivamente quindi a trovare continuità, non riesce a rendere giustizia alle qualità di cui dispone risultando spesso e volentieri inefficace e talvolta dannoso. Altra nota acre della serata che inizia a far sorgere delle riflessioni che potrebbero intaccare le gerarchie specie alla luce della prestazione del terzo degli attaccanti entrati in campo contro i capitolini, l'altro ex del match, Joaquin Correa. L'argentino, reduce da una botta presa sabato scorso col Genoa che lo aveva messo al centro dell'attenzione per una presunta lite con Inzaghi a proposito del cambio dopo l'infortunio, è stato a tutti gli effetti un'altra luce del martedì sera meneghino. Quasi rivitalizzato, l'ex biancoceleste ha finalmente mostrato con scioltezza e qualche dose di sfrontatezza alcune delle caratteristiche che avevano fatto innamorare lo stesso piacentino che fortemente lo aveva voluto a Milano dopo il suo trasferimento dalla Capitale. Dribbla, si propone in avanti, tenta di combinare iniziative e regala squilli che non a caso portano poi al rigore procuratosi grazie a caparbietà e fiducia che hanno suggellato l'impronta surrealista d'inizio serata che aleggiava su un match il cui sigillo porta il nome di Calhanoglu, infallibile poi dal dischetto, ma meravigliosamente risolto da sprazzi di qualità e sostanza che l'Inter spera davvero di aver ereditato da questo 'one-to-one' con 'i cugini' romani.
Dai quarti di Coppa Italia difatti l'Inter esce non soltanto con il 'regalo' di un doppio derby con il quale potersi rifare, ma anche con l'iniezione di fiducia individuale e collettiva fornita dalla prestazione di alcuni singoli che fanno ben sperare in vista dell'ancora lunghissimo cammino stagionale e l'inequivocabile messaggio, coerentemente con la Capitale sullo sfondo: 'Signa inferre!'. O se preferite, per dirla più alla Marko: Arnamo avanti!
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