Dall'Auditorium Santa Chiara di Trento, Javier Zanetti è protagonista di un evento tutto argentino al 'Festival dello Sport 2022' assieme all'ex compagno di nazionale e di club Gabriel Omar Batistuta. Ecco le parole del vice presidente dell'Inter:
Gli argentini si trovano bene nel calcio italiano, è una questione di culture vicine?
"Di cultura, di come viviamo noi il calcio. Io ne approfitto della presenza di Bati per dire che è stato importante assieme a Sensini, Balbo, Chamot... Loro erano già da qualche anno in Italia quando mi chiamò l'Inter e mi dissero cosa mi sarei dovuto aspettare. Per me sono stati un modello da seguire. Noi ci adattiamo facilmente perché viviamo il calcio a 360°, c'è la voglia di imporsi, dare tutto, il senso di appartenenza".
Lautaro.
"Lautaro lo abbiamo seguito per molto tempo, parlavo con Milito che era dirigente del Racing al tempo. La cosa bella è che quando acquisti un giovane non vedi ciò che può dare nell'immediato, ma quello che potrebbe dare nei successi 4-5 anni. Sta facendo i passi un grande giocatore deve fare, è un punto di riferimento dell'Inter e della Nazionale. Tanti lo paragonano a Bati, sono contento e orgoglioso di questo perché ho contribuito a prendere un giocatore che oggi è un patrimonio dell'Inter".
Quanto gli sta mancando Lukaku?
"Insieme hanno fatto bene, speriamo che Lukaku rientri al più presto perché abbiamo bisogno di lui e di tutti. Loro sono due protagonisti importanti".
Rimpianto Dybala?
"No, c'è stata una trattativa. Noi abbiamo preso Romelu e il parco attaccanti era al completo, sarebbe stato difficile prendere uno dello spessore di Dybala. A Roma lo vedo felice, conosco bene anche Mourinho che lo farà rendere al meglio".
Di Maria potrà essere decisivo in Serie A?
"Parliamo di un giocatore che ha fatto la differenza ovunque. Mi auguro che questo nervosismo che ha alla Juve non lo porti al Mondiale, ma ci sta quando la squadra è in difficoltà".
Quanto pesa il Mondiale in Qatar 2022 nella testa dei giocatori?
"Serve pensarci il meno possibile perché poi magari ti infortuni, conta tanto l'aspetto mentale più di quello fisico. La preparazione non è cambiata perché il giocatore si prepara per affrontare una stagione impegnativa col Mondiale in mezzo. La testa fa tanto, mentalmente bisogna essere forti sapendo che devi fare bene nel club se si vuole essere protagonisti in Qatar".
Messi non ha mai vinto il Mondiale a differenza di Maradona: è l'ultima occasione?
"Non ha bisogno di vincere un Mondiale per essere definito grande, c'è sempre questa fissazione. Basta guardare i suoi numeri impressionanti. Io lo pensavo anche di me stesso, la cosa che conta di più è il percorso che uno ha fatto per arrivare a certi livelli, l'aver dato tutto. Poi si paragona sempre Maradona a Messi, io dico che da argentino dobbiamo essere orgogliosi di avere avuto due giocatori così".
L'Italia non ci sarà in Qatar.
"Mi spiace, mi sento italiano e non vedere la nazionale ai Mondiali mi dà tristezza. Conosco Mancio, so quanto ci tenesse. Bisogna rialzarsi, la sconfitta deve renderti più forte".
Come l'hanno presa gli italiani dell'Inter?
"Non la vivono bene, con grande tristezza perché loro hanno dato tutto per avere questa possibilità di andare al Mondiale. Gli toccherà vivere questo mese come tifosi, sono giovani e sicuramente avranno un'altra opportunità per provarci. Mi fa piacere se tanti italiani tiferanno Argentina".
Messi da avversario
"Ho avuto la sfortuna di affrontarlo nella semifinale di Champions, Mourinho al Camp Nou mi disse che dovevo marcarlo. Bel regalo che mi fece.. (ride, ndr). Io e Samuel eravamo diffidati, ma ci è andata bene e siamo riusciti a non farci ammonire".
Quanto soffrivate Batistuta?
"Ci faceva sempre gol, purtroppo. Il mio percorso inizia in Argentina, in una squadra piccola, dopo due anni arriva l'opportunità dell'Inter che non mi aspettavo. Io guardavo il calcio italiano in tv e sognavo. Non sapevo se fossi pronto o meno, arrivavo in una città imponente come Milano. Il mio percorso di crescita si è completato in Italia. La foto con Rambert? Ero inguardabile, era la prima volta che mi mettevo un abito. Sono arrivato alla terrazza Martini con Mazzola, Facchetti e Bergomi, lì mi sono reso conto di dove fossi arrivato. Alla mia prima ad Appiano è scattato qualcosa, mi sono sentito subito a casa. L'Inter mi ha accolto come una grande famiglia, mi sono innamorato subito".
Mancini e Mourinho, i due uomini della svolta per l'Inter.
"Due grandi allenatori, di grande personalità. Il Mancio ci ha portato la mentalità di iniziare il percorso di squadra vincente. Ricordo che la Supercoppa vinta contro la Juve per noi era come se fosse la Champions. José ci ha fatto far fare il salto di qualità in Europa creando un gruppo di uomini che ha alzato la Champions a Madrid. Con Benitez abbiamo vinto il Mondiale per club, ma penso che Mancini e Mourinho hanno fatto tantissimo per il club. L'anno del Triplete avevamo una grande mentalità, accettavamo di perdere solo se l'altra squadra faceva cose straordinarie".
Il rapporto con Hodgson e quel gesto non da Zanetti.
"Mi pento e mi vergogno ancora di quella cosa. Ho sbagliato perché non capii il cambio, ci tenevo a rimanere in campo per dare il mio contributo all'ultimo secondo. Non fu una reazione da me, ma questo mi ha permesso di crescere".
Che differenza c'è tra l'essere giocatore e vice presidente dell'Inter?
"Completamente diversa, da giocatore hai il compito di allenarti e vincere la partita. Come vice presidente devi avere una visione a 360°. Quando ho saputo del ruolo ero contento e orgoglioso, dall'altra parte ho detto che mi sarei dovuto preparare. Non tutto è dovuto, mi sono messo a studiare in Bocconi perché voglio esser un dirigente non solo legato alla parte sportiva ma anche ad altre aree. Questo percorso mi sta portando ad avere una grande responsablità, ma ora sono preparato. La differenza la fanno i valori umani, se riesci a trasmettere quelli è fondamentale".
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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