C'è anche Beppe Marotta tra gli ospiti presenti presso la Libreria Rizzoli di Galleria V. Emanuele II a Milano per la presentazione del libro di Fabrizio Basin 'Odio il calcio - Perdibili storie di formazione e pallone'. L'ad sport dell'Inter, intervenuto dal palco, comincia con il parlare del calcio di una volta, "in cui c'era romanticismo. Ora invece scherzare e fare ironia è pericoloso. Devi stare attento a come parli e con chi parli e dove ti trovi. Sinceramente non è un bel vivere".
Ti piace ancora il calcio?
"Mi piace perché la passione si concretizza in lavoro con l'adrenalina di giocare sabato a Torino e martedì col Salisburgo, di non sapere cosa succederà. Se dovessi fare l'agente o il procuratore o altri lavori, sicuramente no".
Sui giocatori che va a cercare:
"Nella vita in generale, quando uno ha una certa età, ha un’esperienza alle spalle e quindi dovrebbe essere un attimino più saggio di quando era giovane. La saggezza te la porti dietro come valore e ti porti dietro le cazzate che magari hai fatto, le sconfitte che hai subito, come sconfitte intendo dire che nella vita capita di aver sbagliato alcune cose. Quindi oggi hai la consapevolezza di affrontare anche queste esperienze negative che ti rafforzano, perché da un’esperienza negativa poi ottenere un beneficio positivo".
Sul calcio dilettantistico e giovanile:
"In una squadra giovanile romana, non dico quale, c’era la cosiddetta squadra dei raccomandati. C’era un'Under 15 da una parte e un'Under 15 di quelle un po’ più... (gesticola, facendo riferimento ai ragazzi che andavano presi 'per forza'). È cronaca, non lo dico io. Sicuramente ci sono argomentazioni, però poi sono molto sincero nel dire che ormai la classe dirigenziale, tutta, almeno per quanto riguarda il livello professionistico, sicuramente fa le selezioni in base alle capacità. Una cosa diversa invece è l’esasperazione che c’è nel mondo giovanile, a livello dilettantistico, dove veramente c'è la cultura sbagliata che è quella di dover vincere a tutti costi e per la quale combatto tantissimo: credo che il diritto al gioco deve essere per tutti, e non che alcuni vengano selezionati ed altri no. Vincere non è l’unica cosa che conta? Assolutamente no, anzi. Vedo che però questo concetto è esasperato proprio laddove non ci dovrebbe essere, cioè nel calcio dilettantistico, nel calcio delle squadre dilettantistiche della zona. Questa è una cosa per cui veramente combatto. L’altro giorno ero con Abodi e il tema era proprio quello di dire rafforziamo il gioco del calcio nelle scuole, dove stare all’aperto. Come in Inghilterra, dove tutti hanno la possibilità di giocare senza stare a dire sono più bravo, vinco o perdo".
Sulle seconde squadre:
"Le seconde squadre, come sapete la prima era stata la Juventus e poi l’Atalanta, secondo me sono uno strumento indispensabile nella crescita dei giovani. Il passaggio dalla Primavera alla prima squadra è molto difficile e quindi manca quello strumento intermedio che possa garantire loro una crescita e questa è rappresentata dell’Under 23. Però qui, mea culpa anche se relativo, è quasi un’autodenuncia che faccio al mio club che io gestisco, purtroppo non ci sono le strutture adeguate. Quindi oggi ci troviamo a dire dove la facciamo giocare l’Under 23 che non abbiamo il centro sportivo? Questo è un problema. È un problema che riguarda l’Inter ma che riguarda anche tante altre società, c’è il problema delle strutture in Italia".
Passiamo al mercato. Che racconti ai parametri zero?
"L’Inter ha la storia. Il fatto che dopo la finale di Champions tutti vengano più volentieri è vero, nel senso che comunque è stato un momento in cui l’Inter era un po’ nel dimenticatoio da parte di tanti giocatori, poi ultimamente abbiamo risalito la china per cui è vero che c’è molta attenzione verso una società che comunque nella storia ha creato qualcosa di importante".
Quello di gennaio è un mercato sì o un mercato no?
"Non lo so, dipende un po’ anche da da come andremo. Parlarne oggi è un po’ prematuro. Certamente l’attività di monitoraggio, che è un termine abbastanza abbastanza moderno, va avanti con Piero Ausilio, con lo scout. La lista c’è sempre".
Taremi interessa davvero?
"Facciamo così, di mercato non parliamo (ride, ndr)".
Qual è il tuo Messi?
"In questo momento è Lautaro, sinceramente".
È il giocatore più forte che hai avuto?
"La categoria dei forti è difficile da circoscrivere. Io dico dico che Lautaro, e l’ho detto pubblicamente, è un giovane talento che è diventato un campione. Domenica dopo domenica, giornata dopo giornata, va migliorando perché è giusto che sia così perché è giovane e di conseguenza è un elemento di cui si parlerà sicuramente".
Ancora incalzato sul mercato, Marotta dribbla:
"È evidente che io non voglio dare notizie se no diamo sovraesposizione mediatica. Oggi è lui il festeggiato (indica Biasin, ndr), quindi perché fate la domanda a me? Fate le domande a lui. Io ho tante domande da fare a voi".
Sul giornalismo di oggi:
"È cambiata anche la classe dei giornalisti. Oggi coi siti e con tantissime testate giornalistiche, probabilmente non c’è una selezione come c’era prima. Questo non vuol dire che sia più scarsa di prima, ma oggi la concorrenza porta al fatto che le notizie devono uscire per creare appeal, magari in modo non del tutto veritiero. Quindi se arriva anche alle notizie fake, però fa parte di un mondo che è cambiato completamente. Lo stiamo vedendo in tantissime altre cose".
Come successo con l’Inter: dopo il primo tempo con il Benfica sembrava la squadra più forte del mondo e dopo Bologna...
"Esattamente, la differenza di due punti ti porta ad essere fenomeno prima e brocco dopo. Questo fa parte del mercato giornalistico, è normale che sia così, ma basta adeguarsi. Ci vorrebbe più equilibrio? L’equilibrio non fa notizia. Quindi oggi c’è tanta concorrenza, è evidente. L’altra sera nel palinsesto Rai vedevo su Rai2 'Belve' con Antonio Conte, su Rai3 sempre un altro fenomeno di calcio con Nunzia De Girolamo che intervistava a Corona. Erano tutti e due argomenti interessanti per chi è appassionato di calcio, ma evidentemente come fai a seguire nella stessa testata uno o l’altro?".
Sul calcioscommesse:
"Bisognerebbe intanto procedere in quello che nell’azienda normale viene definito il test d’ingresso, cioè quando uno viene assunto da un’azienda, fa un colloquio, questo è scontato: nel calcio no, prendi i giocatori perché li vedi. Quando poi li hai ti rendi conto di alcuni aspetti negativi, come in questo caso. Immaginate se i giocatori fossero squalificati per anni quale danno economico sarebbe per il club che li ha comprati o che li gestisce, quando in realtà il club non ha delle grandi responsabilità. Quindi siamo arrivati davanti a una situazione che va studiata, analizzata da tantissime componenti".
Sulle strategie di mercato:
"Se non è arrivato Tizio si arriva a Caio, quindi riusciamo sempre a calcolare la situazione di emergenza. Siamo fiduciosi da questo punto di vista".
L’Inter deve vincere per forza lo scudetto o ci si prova?
"Ci si prova. È una domanda che mi è stata fatta in quel di Trento: è chiaro che la seconda stella è un qualcosa di importante e di storico, che ti rimane. Però è normale che abbiamo già parlato troppo, basta parlare. Poi la pressione ci vuole, nello sport aiuta. Ottimismo (sorride, ndr)".
L'Inter sarà la sua ultima squadra?
"Sì sì, penso di sì. Anzi, sicuramente (sorride, accompagnato dagli applausi, ndr)".
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Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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