Il suo nome è legato ad una delle storie più affascinanti e clamorose del calciomercato italiano, in quanto fu lui a concretizzare l'incredibile arrivo all'Udinese dell'asso brasiliano Zico, giunto in Friuli al termine di una lunga battaglia con la Federazione combattuta anche dai tifosi bianconeri con quei celeberrimi cori di 'secessione' del calibro di: "O Zico, o Austria". Ma nel lungo passato da dirigente sportivo di Franco Dal Cin c'è anche una parentesi, non propriamente felice, all'Inter, dove giunse nel 1984, un anno dopo l'arrivo del Galinho e poco prima dell'avvento alla presidenza di Ernesto Pellegrini. 

Un'esperienza che, come ricorda alla Gazzetta allo Sport, non durò molto anche per colpa, a suo dire, di un'ingenuità: "Un giornalista mi chiese per chi tifassi. Risposi: 'Per la squadra per cui lavoro'. Insistette: 'Sì, ma da bambino?'. E io commisi l’ingenuità di dire 'Juve', perché era la verità. Avrei dovuto proclamarmi interista da sempre, ma ero presuntuoso, convinto che la mia professionalità avrebbe risolto tutto. All’Inter facevo il dg, sul mercato non avevo voce. Agli acquisti provvedevano il presidente Ernesto Pellegrini e il ds Giancarlo Beltrami. Quando arrivai in sede, avevano già ingaggiato Karl-Heinz Rummenigge. Nel 1985 comprarono  Luciano Marangon, Pietro Fanna e Marco Tardelli, che io non avrei voluto. La squadra non andava bene e diedero la colpa a me". E nemmeno con l'avvocato Peppino Prisco nacque un grande feeling: "Non frequentavo, nella mia presunzione stavo per i fatti miei. Non partecipavo alle cene, mangiavo da solo in un ristorante che piaceva a me". 

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Sezione: Focus / Data: Ven 07 febbraio 2025 alle 20:12
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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