Nella boxe si definirebbe un KnockOut. Di quelli che l'Inter ha distribuito contro parecchi avversari e su diversi terreni di gioco nelle ultime stagioni. Ma stavolta, al Franchi, come accadeva qualche anno fa ("Il pallone è quello giallo" dice qualcosa?), il KnockOut è stato subito. E c'è poco da girarci intorno. La Fiorentina, ridotta all'osso da una strategia di restyling sul mercato e dalle normative vigenti, ha fatto esattamente ciò che doveva: difesa compatta, linee strette e ripartenze veloci in contropiede. Raffaele Palladino aveva poche scelte, le ha eseguite alla perfezione. Il resto lo ha messo la squadra ospite, che sin dall'inizio aveva fatto intuire le difficoltà di una partita che poi sarebbero emerse platealmente nel secondo tempo. Una partita iniziata al 17' del primo con una rimessa laterale, insolita già dall'alba, che ha sfidato e battuto ogni logica calcistica.
L'Inter lanciata all'inseguimento del Napoli, con l'enorme possibilità di agganciarlo in vetta affrontando un avversario con 13 giocatori 'veri' a propria disposizione, prima fa fatica, poi cade, infine crolla. E non esistono scusanti, perché la prestazione non è stata all'altezza dei Campioni d'Italia, che ancora una volta hanno esposto quello che è ormai lapalissiano: se tre o quattro giocatori nell'undici titolare si esprimono al di sotto del proprio standard, l'intera squadra va in difficoltà. Il paradosso dell'Inter: apprezzata e osannata anche a livello internazionale per la bellezza e la coralità del suo gioco che coinvolge tutti, ma ha bisogno al contempo che, in assenza di solisti 'spaccapartite', tutti sappiano dare il loro contributo. Altrimenti le brutte sorprese sono dietro l'angolo. Croce e delizia, delizia e croce di una filosofia calcistica, quella di Simone Inzaghi, che negli anni ha plasmato un'orchestra in grado di suonare musica celestiale. Ma in caso di troppe stonature, diventa un rumore fastidioso. Esattamente quanto accaduto a Franchi, dove è francamente impresa ardua provare a salvare qualcuno da una meritata insufficienza. Il mea culpa deve essere collettivo, dall'allenatore a tutti i calciatori scesi in campo, compresi i subentranti. E questo aspetto rincuora: tutti responsabili, come una squadra compatta anche nelle difficoltà, a sostegno della tesi che sia stata solo una serataccia non replicabile dopo tanti risultati positivi.
Lamentarsi dello scarno mercato invernale dopo la brutta figura di ieri ha poco senso, perché in troppi, compresi i 'senatori', hanno marcato visita. Semmai, è un discorso che andrà rispolverato se e quando, si spera mai, venissero a mancare contemporaneamente più giocatori chiave senza i degni sostituti. Perché la narrativa che vede l'Inter con una rosa di due squadre a disposizione può serenamente essere accantonata dalle costanti riprove avute in stagione, quando troppe volte cambiando l'undici titolare per ovvie necessità di calendario le prestazioni (e talvolta i risultati) non sono state all'altezza. Soprattutto quando i punti di riferimento non riescono a trascinare i cosiddetti co-titolari. La verità è che la rosa ha un enorme vantaggio rispetto ad altre squadre, non dovendo attingere alla Primavera o dalla U23 in caso di assenze pesanti, come è avvenuto o avviene invece altrove. Ma questo aspetto non garantisce, spostando le pedine, di riuscire sempre ad arrivare a dama.
Se la rosa è stata costruita in questo modo è per reggere tutte le competizioni a cui l'Inter partecipa. Ma lo sforzo di questo 2025 non poteva non pretendere il dazio: le 10 partite in poco più di un mese, al netto di alcune assenze importanti (in primis Hakan Calhanoglu), con l'obbligo di dover vincere sempre, ieri si sono riproposte come una cena mal digerita. E lo sforzo fisico e nervoso del derby di quattro giorni prima ha acuito il disagio. Si spiega anche così una prestazione scarica, senza tensione emotiva, quasi rassegnata e forze influenzata a priori dalle condizioni della Fiorentina. Stanchezza e supponenza, in estrema sintesi. Ma questa non è la principale cattiva notizia: tra Coppa Italia, campionato e Champions League anche nelle prossime settimane non ci si potrà prendere mai una pausa, un problema enorme considerando che il Napoli potrà concentrarsi esclusivamente sulla corsa Scudetto giocando solo nel weekend.
La disfatta di Firenze però non deve significare gettare la spugna sul campionato dell'Inter. Pessima battuta d'arresto, i punti da recuperare sono 3 ma come sottolinea Inzaghi in palio ce ne sono ancora 45 e uno scontro diretto al Maradona il 2 marzo. La squadra che ha vinto il tricolore la scorsa stagione ha vinto quasi tutti gli incontri con le big, compito (quasi) mai portato a termine in quella attuale. Ma il tempo e le capacità per una sterzata ci sono, basta rimanere connessi e acquisire consapevolezza delle proprie condizioni per adeguarvisi e trovare soluzioni alternative. Lunedì sera, ancora contro la Fiorentina (al completo), si capirà quanto questa Inter abbia ancora voglia di tenersi stretto lo Scudetto sul petto.
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