Mentre a Napoli sentono e parlano di rumore dei nemici, nella Milano nerazzurra i nemici non è necessario cercarli. Il nemico i campioni d'Italia lo hanno in casa e per scovarlo non è necessaria caccia alle streghe alcuna perché il mister X è facile da svelare e l'Inter lo vede riflesso allo specchio. Se qualche giorno fa la squadra di Inzaghi giocava a fare la 'vanitosa regina' e interrogava lo specchio su chi fosse la più bella del reame meneghino, sperando di spezzare un sortilegio iniziato a inizio stagione e non ancora spezzato per quanto indebolito con la rete nel finale di De Vrij che salva la Beneamata dal terzo ko stracittadino dell'anno calcistico, all'indomani della trasferta toscana lo specchio parlante gli rende un'immagine degna del ritratto di Dorian Gray. La prestante, fresca e imponente immagine da uomo mangia mondo che prima vedeva riflessa in ogni ritratto che pavoneggiante lasciava che dipingessero ha lasciato il posto ad una sbiadita fotografia che inizia a mostrare crepe. Ingeneroso certamente parlare di decadenza, eppure questa squadra perde cocci, smalto e sonno: quest'ultimo soprattutto, viziato da incubi che iniziano ad affollarsi nelle meningi e nei pensieri dei nerazzurri.
Comincia non a caso con una spiacevole rievocazione di spettri la gara dei campioni d’Italia in casa della Fiorentina, dove partono bene sbloccando la gara a poco più di dieci minuti dal fischio d’inizio con Carlos Augusto dopo una palla flipperata dallo sviluppo di un corner. Il brasiliano si infila rapido e colpisce un pallone che finisce in rete rivelandosi però vana ai fini del risultato. L'1-0 dell’Inter nasce ancora una volta da una posizione di fuorigioco che il VAR nota e giustamente annulla. Una variabile che comincia ad essere eccessivamente abituale e risveglia per l'appunto delle visioni tutt'altro che piacevoli. E come un degno film noir che si rispetti, a spiriti invocati non c'è plot twist che tenga e la preoccupante sensazione d'allarmismo che il gol annullato scatena è la sirena di una serata tutt'altro in discesa che ha ragion di squillare. Lo sanno gli interisti dietro gli schermi e quelli sul rettangolo di gioco. Con la sola differenza che i primi sono vittime, costrette ad uno spettacolo che neppure la peggiore delle visioni di Wilde sarebbe di degno orrido, mentre i secondi sono vittime e carnefici di un'esibizione che li ha dapprima immobilizzati, poi resi principali tessitori di un'ingarbugliata matassa di fabula e intreccio finita col confondersi e non capire nulla se non il punto finale: tre punti persi.
Gol annullato per fuorigioco, l'ennesimo e l'Inter perde immediatamente lucidità e metri, regalando il pallino del gioco alla squadra di casa, finita poco dopo due volte ad un passo dal vantaggio prima con Kean, poi con Dodo. I campioni d’Italia ritrovano il filo del match e tentano un affondo che non arriva nel finale del primo tempo, quando i nerazzurri tornano dalle parti di De Gea ma con poca cattiveria e precisione. Cattiveria e precisione che non mancano nel secondo tempo, semmai si azzerano quando prima Luca Ranieri poi Moise Kean piazzano in dieci minuti un uno-due pesante come due ganci al mento di Mike Tyson. Ai bistellati non giovano neppure le iniezioni dalla panchina quando, probabilmente tardivamente (già sul doppio svantaggio), Inzaghi inserisce il resto dell'artiglieria pesante lasciata a rifiatare in vista del ritorno di lunedì. Dimarco, Barella e Arnautovic tutti insieme al posto di Bastoni, Calhanoglu e Mkhitaryan non aiutano ad accendere una miccia che non sembra destinata ad infiammarsi e se il regista turco non ha ancora ritrovato la forma, Barella e Dimarco non trovano i soliti spunti per sbloccare una partita che al contrario si complica ulteriormente con l'austriaco che sfiora soltanto un pallone col quale avrebbe potuto accorciare le distanze e innescare una botta d'adrenalina necessaria a tentare l'all-in e che invece finisce col perdersi tra i guantoni dell'ex United e sul fondo di un bicchiere amarissimo da mandare giù. Uno shot di amarezza che sortisce un effetto alterante come fosse assenzio e poco dopo Kean segna clamorosamente il 3-0 che suggella la surreale serata fiorentina di un'Inter che dà tutti i segni di un intontimento totale che parte dalla panchina e finisce sulle tribune, dove siede pietrificata la dirigenza che probabilmente ha da farsi qualche domanda.
Domande e interrogativi leciti ma anche doverosi che dovranno porsi tutti e ai quali i diretti interessati dovranno dare una risposta sul campo già lunedì e ancora con la Fiorentina, a San Siro al completo e con la possibilità di cambi, rotazioni, maggior fantasia, qualità e forze che l'Inter di Inzaghi dovrà battere per silenziare gli spettri e restaurare un ritratto che diversamente comincerebbe a cascare davvero a pezzi e in maniera agghiacciante.
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