Intervistato dal Corriere dello Sport, Andrea Ranocchia parla di Inter, di scudetto, di Conte e tanto altro.

Nelle cinque stagioni della seconda fase interista, solo trentasei presenze in campionato. Prima della brevissima esperienza al Monza. 
"Mi sono divertito di più negli ultimi anni che nei precedenti. Sono stato benissimo, mi sono sentito importante, pur giocando poco. Anzi, pochissimo. Mai avuta l’ansia della presenza, l’ossessione del ritorno personale. Mi interessava soprattutto che la squadra andasse bene. Sono strano, forse sarò diverso dagli altri". 
 
Spalletti? 
"Con i ragazzi imposta un rapporto ultrapositivo, punta molto sull’aspetto umano, sui valori. E insegna il calcio dalle basi. La bellezza di Luciano è che lavora con i grandi giocatori e le grandi squadre come se allenasse i giovani e le piccole. A fine seduta poteva fermarsi con uno di noi per lavorare sulla tecnica, sui contrasti. Lo faceva lui, non delegava ai collaboratori. Il calciatore certe cose le apprezza. Spalletti è uno che si alimenta di stima e rispetto, è gruppo".

Conte l’hai avuto addirittura in tre tempi. 
"È il mio padre calcistico. Il primo a credere in me, quello che mi ha fatto esordire e formato". 
 
Ma è il tuo opposto: una quota di ansia la trasmette per natura ai suoi. 
"Ti cambia la testa. Lui ha rivoluzionato il calcio, esiste il filone Conte così come il filone Guardiola. Arezzo, primo allenamento, entra nello spogliatoio e dice alla squadra: “Adesso facciamo le giocate memorizzate”. Fino a quel momento si parlava d’altro, si faceva altro. In allenamento insegnava movimenti che portavi identici in partita. Ti sfiancava, le sedute erano durissime, ma garantivano risultati e quando alla fatica corrisponde il successo il giocatore ci sta col cuore. Conte ti fa credere in quello che dice e insegna, ti porta oltre il limite, ti entra nella testa e rende vincente. Guarda cosa sta combinando a Napoli con una buona squadra. Buona, non ottima. L’Inter è molto più forte".  
 
C’è chi la vede in flessione. 
"Leggo che criticano il mercato...". 
 
Sai leggere. 
"Il mercato serve a migliorare la rosa. Ma come la migliori quella dell’Inter? È forte nelle prime e nelle seconde linee. Cambiare per cambiare non ha senso: sai cosa lasci ma non sai cosa puoi trovare". 
 
Sei peggio di Marotta, carichi di responsabilità Simone. 
"Posso parlarti solo del primo Simone, che somiglia tanto a Spalletti. È uno che si fa voler bene dalla squadra, i giocatori lo seguono perché ne rispettano prima il carattere e poi le idee. Quello che accade da sempre a Ancelotti". 
 
Cosa pensi di Thiago Motta? 
"Con lui ho giocato e mi aiutò molto nell’inserimento. Calciatore intelligentissimo, fuori dal comune, sempre ben posizionato, faceva la cosa giusta al momento giusto, di una qualità disarmante. Alla Juve devi vincere, vincere e ancora vincere. Lo impone la storia del club. La Juve non la cambi, è lei che cambia te. Io non ho ancora capito quale sia il futuro di questa squadra, quale il progetto, cosa o chi li abbia spinti a fare quel mercato e dove vogliano arrivare. Alla Juve serve gente da Juve. Thiago è speciale, spero che gli sia dato il tempo e il materiale". 
 
La devozione all’Inter come la spieghi? 
"C’è bisogno che te la spieghi?". 

Sezione: Focus / Data: Sab 15 febbraio 2025 alle 10:20 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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