Nel contesto di una maggior sensibilizzazione culturale e sportiva sul tema della 'salute del calciatore', l'Associazione italiana calciatori ha realizzato una ricerca dal titolo emblematico 'Injury Time' (guarda qui) per approfondire la questione degli infortuni nei massimi campionati europei. Un'indagine che ha evidenziato che, nel 2022-23 e nel 2023-24, i calciatori di Serie A e LaLiga sono stati infortunati per l’11% dei giorni disponibili; in Premier League il dato sale al 15%. In soldoni, un calciatore che gioca nel massimo campionato inglese è stato infortunato un giorno su 6.6 (Totale giorni di infortunio per le stagioni 22/23 e 23/24, considerando i 25 calciatori con stipendi più alti per ciascun club di Serie A, LaLiga e Premier League) nelle ultime due stagioni. Nel dettaglio, la stagione 23/24, quella che si è conclusa con l'Europeo, ha fatto segnare un numero di infortuni sensibilmente maggiore rispetto alla stagione 22/23. La 'pausa' determinata, quindi, dal Mondiale invernale ha inciso positivamente sul numero complessivo di infortuni.

Concentrandosi sul numero di partite in calendario, costantemente in crescita soprattutto per i club d’élite, si nota che il numero di problemi fisici è pressoché costante dalla prima alla 40esima partita disputata, mentre il rischio di farsi male sale esponenzialmente superata questa soglia. Secondo le proiezioni della ricerca AIC, tale aumento si farebbe decisamente più incidente oltre la quota delle 54/55 (numero massimo di partite disputate dai club nei due campionati analizzati], andando verso le 65 partite per stagione [numero di partite previsto dai nuovi format FIFA e UEFA). Guardando i numeri, i calciatori dei club che hanno disputato 54/55 partite a stagione (campionato più coppe) hanno registrato mediamente 71 giorni di infortunio a stagione (La ricerca calcola i giorni totali di indisponibilità per infortunio di ogni calciatore. I periodi non sono necessariamente lineari).

Oltre allo spettro degli infortuni, c'è anche un altro tema centrale: lo spettacolo offerto dalle varie squadre con impegni così numerosi e tanto ravvicinati. Tema sul quale si è espresso così Umberto Calcagno, presidente AIC: "Aumentare l’offerta di calcio in tv sembra essere l’unica risposta delle istituzioni internazionali del nostro sistema al calo dell’interesse dei tifosi verso il calcio ed al decremento del valore dei diritti TV - ha puntualizzato l'avvocato -. Aumentare l’offerta significa aggiungere partite, trasferte, impegni ad atleti che sono già prossimi ad una soglia molto alta di rischio infortunio. Non è più una questione di tutela della salute della persona, o almeno non soltanto. Il nostro impegno è quello di tutelare la qualità dello spettacolo sportivo che offriamo ai nostri tifosi. Lo dicono con chiarezza i dati delle ultime due stagioni: se un calciatore disputa più di 55 partite con il club (oltre alle partite con la Nazionale), statisticamente rischia di essere indisponibile per almeno 70 giorni in una stagione. Questo equivale a dire che per 70 o più giorni il pubblico non potrà vedere in campo alcuni dei migliori protagonisti del gioco per cui ha pagato il biglietto, allo stadio o in tv. Il calcio di vertice dipende dalle logiche mediatiche. Per questo dobbiamo impegnarci per garantire che i top player siano messi nelle migliori condizioni per esprimersi al loro massimo livello. 
La nostra ricerca ha preso in analisi due stagioni ‘storiche’ per il nostro mondo. Per la prima volta un Mondiale ed un Campionato Continentale si sono disputati a 16 mesi di distanza, invece che a 24. Una ’super-stagione’ nella quale gli atleti non hanno mai avuto la possibilità di recuperare le forze e di performare al meglio delle loro capacità. Aumentare ulteriormente l’offerta televisiva di partite equivale a diminuire il livello del prodotto venduto, svalutandolo e mettendo a rischio l’integrità fisica dei protagonisti". 

Sezione: News / Data: Gio 21 novembre 2024 alle 13:24 / Fonte: assocalciatori.it
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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