Sembrano passati anni luce dall'ultimo Derby di Milano, dominato e vinto meritatamente dal Milan contro un'Inter irriconoscibile. All'indomani del 2-1 rossonero a San Siro si parlava di un Diavolo da scudetto e della nuova seconda vita di Fonseca a Milanello, dimenticando - o lasciando volutamente da parte, dipende dai punti di vista - i pareggi con Torino e Lazio, il bruciante ko di Parma e quello senza storie contro il Liverpool in Champions League. Il giudizio per la sponda nerazzurra del Naviglio, invece, era distruttivo: i campioni d'Italia in carica venivano definiti 'sgonfi' e 'senza fame' perché "prendono troppi gol" e "non sono più gli stessi della passata stagione".

Dal triplice fischio della stracittadina, però, la musica è di nuovo cambiata: in una settimana il Milan ha vinto con il modesto Lecce in lotta per la salvezza, ma ha anche perso a Leverkusen (confermando quota 0 punti in classifica in Champions) e contro una Fiorentina che, fino a domenica sera, era riuscita a vincere una sola volta in campionato (contro la Lazio e grazie a due rigori). L'Inter, invece, da quel derby in poi ha fatto tre su tre tra Italia ed Europa, seppur con diverse sbavature e il solito problema della solidità difensiva che resta da risolvere il prima possibile. Eccezion fatta per l'impegno in Champions: 3-2 nerazzurro sul complicato campo dell'Udinese (che, ricordiamo, in questo momento è terzo in classifica a 13 punti insieme a Juventus e Lazio) e stesso risultato a San Siro contro il Torino (a 11 punti come il Milan, mutilato dalla precoce espulsione di Maripan ma dominato per 90'); nel mezzo, il poker rifilato alla Stella Rossa che porta a 4 il bottino di punti in Champions.

Adesso la classifica di Serie A dice che l'Inter ha 14 punti e il Milan ne ha 11, mentre in Champions i nerazzurri ne contano appunto 4 (uno dei quali conquistato nella tana del Manchester City) a differenza dei cugini, fermi a zero. Ma la cronaca ci dice anche che i giudizi sono stati affrettati e che, probabilmente, lo saranno anche in futuro. E purtroppo non si tratta di nulla di nuovo. 

Dai giudizi si passa ai precedenti, quelli dimenticati da Thiago Motta quando chiamato a commentare l'espulsione di Conceicao per doppia ammonizione dopo la simulazione contro il Cagliari: "Non ho rivisto le immagini, se ha simulato allora l'ammonizione è giusta - ha detto nel post partita dello Stadium -. È una cosa della quale ne stiamo parlando da tanto tempo, le simulazioni non fanno bene al gioco. Devo ancora vedere, ma mi fido della decisione dell'arbitro. Però adesso si apre un precedente: se si fa una volta, si deve fare sempre, non solo quando conviene". Tutto corretto, tranne il punto sul 'precedente'.

E allora ci tocca rinfrescare la memoria al tecnico della Juventus, che probabilmente non ha mai visto (o non ricorda) Sampdoria-Inter 1-3 del settembre 2019: in quell'occasione venne espulso Alexis Sanchez, con la seconda ammonizione arrivata proprio per una simulazione in area di rigore. L'arbitro era Calvarese e non Marinelli, la partita era Sampdoria-Inter e non Juventus-Cagliari e il protagonista in negativo era Sanchez e non Conceicao. Insomma, il 'precedente' esisteva già ma è stato dimenticato per mandare un altro messaggio in pasto ai media e all'opinione pubblica. E invece è giusto ricordarlo "sempre, non solo quando conviene".

Sezione: Editoriale / Data: Mer 09 ottobre 2024 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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