C'è anche Beppe Bergomi tra i protagonisti che hanno ricevuto a Roma il premio di cultura sportiva 'Beppe Viola'. "Ne è valsa la pena essere qui, è un premio che va avanti da così tanto tempo e questo significa tanto - esordisce lo Zio, come raccolto da TMW, dal palco del salone del CONI durante la 41esima edizione del premio -. Sono felice di essere qui e per me è un orgoglio ricevere questo premio. Voglio pensare che questo premio sia legato soprattutto a quello che faccio nei settori giovanili e nel sociale. Ho sentito interventi giusti, però l’umiltà dei ragazzi di oggi dobbiamo tirarla fuori noi. Pisilli e Zaccagni sono l’emblema, una volta i tifosi entravano ad Appiano e stavano al nostro fianco. I ragazzi sono più svegli di noi, dobbiamo capire questo. Ho fatto quattro mondiali, il mio cuore è legato a quello del 1982 dove a 18 anni siamo diventati campioni del mondo. Noi avevamo una guida come Enzo Bearzot che non sapeva solo di sport, per me è stato un secondo papà. Sono entrato in punta di piedi in un gruppo di grandi uomini. Per me il mondiale del ‘90 è ancora una ferita aperta, quella semifinale con l’Argentina fa ancora male. E poi la mia personale rivincita a Francia ‘98 tornando in nazionale dopo cinque anni".

Bergomi si lascia poi andare ad un commento sul campionato in corso e sulla Nazionale: "La Nazionale deve essere il punto di arrivo, indossare quella maglia è un onore. Penso che le squadre che fanno le coppe devono rimanere attaccate fino a febbraio, c’è chi dice che è meglio giocare le coppe, ma per Conte al primo anno è meglio così. Il Napoli è forte, ha qualità e grande fisicità. Le altre squadre devono rimanere attaccate, è tutto molto aperto. L’Inter è una squadra forte, esperta con giocatori di grande valore in ogni ruolo".

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Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 25 novembre 2024 alle 16:40
Autore: Stefano Bertocchi
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