Matteo Politano e Keita Baldé sono arrivati all’Inter in due momenti diametralmente opposti. Spalletti ha chiesto che la campagna acquisti estiva porti a Milano giocatori duttili, in grado di interpretare più ruoli e che abbiano un bagaglio tecnico diverso dagli attaccanti a disposizione nella disperata rincorsa al quarto posto della stagione 17/18.
Politano veste il nerazzurro dopo la miglior stagione della carriera, dove ha segnato tanto trascinando il Sassuolo verso una complicata salvezza. Keita, dopo l’exploit nella Lazio di Inzaghi, a Monaco ha vissuto un anno grigio visto che quasi subito è finito ai margini di una rosa ricca di talento ma che non si è mai assestata. Se Politano cerca la consacrazione, Keita vuole il riscatto.
Ausilio acquista entrambi con la formula del diritto di riscatto: se per Politano l’acquisto definitivo sembra una formalità (con la quota fissata a 15 milioni), l’affaire Keita è molto più complicato. In primis perché la cifra è altissima, vicino ai 35 milioni. Dall’altro canto perché nelle sue stesse zolle gioca Yann Karamoh, in prestito al Bordeaux per farsi le ossa ma deciso a tornare all’Inter dopo il prestito annuale. Il destino di questi tre giocatori sembra incrociato, perché all’inizio della stagione Politano non si pensava potesse essere titolare nella nuova Inter, mentre da Keita ci si aspettava molto, molto di più di quanto visto finora.
A voler guardare il grande disegno della stagione interista, le prime 15 gare stagionali hanno raccontato non solo il percorso di due giocatori, ma dell’intero sistema di Spalletti: la fascia destra è sembrata quella più solida, dove si sono riscontrati i miglioramenti maggiori. Politano e Vrsaljko sono diventati in poco tempo una garanzia, mentre dall’altro lato Perisic e Keita hanno incespicato più volte in prestazioni opache, sciatte: che sia un problema di moduli, di intesa o di compiti?
CONNESSIONI - L’acquisto di Politano è andato in controtendenza rispetto ai primi arrivi in casa Inter. De Vrij, Asamoah e Nainggolan sono tutti giocatori forti fisicamente, esperti, in grado di far valere la propria stazza durante una partita. L’ex Sassuolo è brevilineo, gioca nello stretto ed è capace di esaltarsi con la giocata estemporanea: dalle prime uscite, si è capito subito perché Spalletti l’avesse richiesto. Il suo modo di tagliare il campo, di dribblare l’avversario o di associarsi con i compagni di fascia è stata una delle sorprese più intriganti della stagione dell’Inter. Ha giocato tre delle quattro partite di Champions League, risultando tra i migliori. Al Camp Nou, il suo ingresso è coinciso con il miglior momento della squadra, prima di un calo fisiologico che ha portato al 2-0.
Politano rappresenta al momento il miglior esterno a disposizione di Spalletti. È il sesto giocatore per minuti in campo e uno dei migliori assist-men della squadra (2). È sempre nel vivo del gioco, come testimoniano i 30 passaggi riusciti che effettua ogni partita, il miglior dato nella rosa tra gli attaccanti. Di questi, 1.4 sono un passaggio chiave, ovvero che porta ad un’azione da gol. E, come se non bastasse, è primo come dribbling riusciti di tutta l’Inter. Se come giocatore associativo ha ancora margini di miglioramento, Politano si è preso uno spazio importante in questa Inter, con l’obiettivo di rimanerci a lungo.
DALL’ALTRO LATO - Sulla fascia opposta, Keita non vive lo stesso periodo di splendore. Forse perché, al contrario di Poli, a lui è toccato girovagare un po’ di più prima di trovare la sua zona. Le prime uscite con la maglia dell’Inter le ha da numero 9, quando Icardi non è al meglio e quindi tocca a lui reggere il peso dell’attacco. Contro Bologna e Parma si mangia due gol giganteschi e, in generale, non impressiona. Nelle gare successive, Spalletti quadra l’Inter e sposta definitivamente Keita in fascia, come virtuale riserva di Perisic o come terza opzione a destra.
Da quel momento inizia un periodo in cui Keita prova a ritrovare le certezze perdute. È un giocatore che per funzionare ha bisogno della palla tra i piedi e che ha dato il meglio di sé da seconda punta nel 3-5-2 della Lazio, per cui è scontato dire di quanto ci sia bisogno che lui impari a padroneggiare una zona di campo più ampia di quella che doveva coprire nel sistema di Inzaghi. Lo stesso Spalletti è stato ferreo nello stabilire che la crescita di Keita sarebbe passata da quanto velocemente avesse appreso a rientrare dopo i suoi scatti, per non perdere la posizione: non è un caso che non si siano mai visti l’ex Monaco e Politano insieme. Questione di equilibri, di spaziature. Contro la Spal Keita parte titolare ma sul risultato di 0-1 per l’Inter si divora un gol colossale, a tu per tu con Gomis: è la terza ghiotta occasione che l’ala senegalese sciupa. Un po’ troppo, soprattutto per un giocatore che professa di poter segnare 15 gol a stagione.
Le qualità di Keita sono indubbie, così come è altrettanto chiaro che Spalletti voglia puntare su di lui e sul suo pieno recupero. In questo momento, lo butta sistematicamente nella mischia negli ultimi 25’, ovvero quando le squadre sono più larghe e stanche, con gli schemi saltati e spazi più ampi. La scintilla tuttavia non è ancora scattata, complice anche un atteggiamento per certi versi deficitario da parte di Keita stesso.
Dopo la debacle di Bergamo, è tempo per tutti di fare un passo in avanti. E se per Politano la strada per conquistarsi definitivamente la maglia da titolare e un futuro da protagonista in questa Inter è relativamente breve, Keita dovrà correre qualche chilometro in più.
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Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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