SOMMER 8 - Troppo basso, troppo vecchio, non un top. Non avesse le spalle larghissime e quella serenità dei cowboy old style (colpa di IMH...) forse si sarebbe fatto troppi scrupoli. Invece ha raccolto l'eredità di André Onana, amato dai tifosi come il vicino di casa che sta sempre sul tuo divano, con quella maestria che non tutti gli riconoscevano. Sopperendo all'assenza di centimetri con l'esplosività, si è calato subito nell'inzaghismo e ha dimostrato di essere, per qualità nei piedi, un centrocampista mancato. Abituato troppo bene da una difesa imperforabile, ha portato a casa così tanti clean sheet che certe volte si è sentito in colpa per non aver lavorato. Eppure non mancano gli interventi decisivi: uno su tutti, il rigore di Firenze che ha mandato al manicomio avversari e presunti varisti. Sommer time.
AUDERO 6,5 - Il vice ideale, se ce n'è uno. Arriva in punta di piedi, quasi per non disturbare, con l'intento di cogliere la grande occasione della vita mentre c'è chi ancora lo considera solo una plusvalenza juventina. Invece dimostra di avere solide basi personali oltre che tecniche e di farsi apprezzare dallo spogliatoio, dettaglio non trascurabile. Naturalmente non ha molte opportunità di farsi notare, ma in generale quando viene chiamato in causa fa la sua parte con disinvoltura con una sola macchiolina sulla fedina penale, la serata storta in Coppa Italia contro il Bologna. Memento Audero Semper.
DI GENNARO 6 - Più minuti sul pullman della parata Scudetto che in campo (dov'è comunque riuscito a esordire con tanto di meritato clean sheet personale), ma nessuno si scandalizzi: quando gli hanno proposto di tornare a casa, pur avendo ancora qualche anno da titolare in leghe minori davanti, non se l'è fatto ripetere. E probabilmente neanche si sarebbe aspettato di poter vincere un altro Scudetto con l'Inter, dopo i due con la squadra Primavera all'inizio della seconda decade del nuovo millennio. Trionfi a cui va aggiunta la Nex Generation Series, puntata pilota della Youth League, alzata in faccia a un giovane (e già stempiato) Davy Klaassen. Osservatore.
PAVARD 8 - Professionista quasi teutonico con una mentalità bohemien. Benji l'interista era già idolo dei tifosi prima di salire sull'aereo che lo avrebbe portato a Milano, una volta ripresosi dal fastidioso mal di schiena che lo aveva limitato al Bayern nelle ultime settimane (ride, ndr). Una svolta professionale che amici e cugini di secondo grado non consideravano migliorativa, ma lui non ha ascoltato ragioni. Dopo tutto, senza i rifiuti di Cesar Azpilicueta e Gianluca Scamacca probabilmente oggi sarebbe ancora in Baviera: vuoi mettere una banale semifinale di Champions contro il Real Madrid con lo Scudetto della seconda stella e una festa da sogno? In campo ha fatto esattamente quello che ci si attendeva da un campione di tutto come lui (vogliamo parlare del recupero su Castellanos?), fuori anche di più perché si è fatto amare per l'entusiasmo fanciullesco con cui ha sposato la causa nerazzurra. Tutti insieme, Pavard.
ACERBI 8,5 - Trentasei anni compiuti e li sfrutta per fare da apprendistato ai più giovani, insegnando il lavoro di difensore centrale. Un po' come si faceva una volta per le attività manuali, quando i genitori spedivano dal mastro di turno i propri ragazzini. In campo sembra quasi che neanche si stanchi, poi a matematico Scudetto sconvolge il mondo rivelando di aver giocato a lungo con la pubalgia. Eroe d'altri tempi, di quelli dei miti greci, oltre a nascondere il pallone agli avventurosi attaccanti che osano sfidarlo si toglie anche lo sfizio di segnare gol discretamente pesanti, come quello alla Roma o nel derby dell'onta storica. Non è un caso se Inzaghi lo clonerebbe.
BASTONI 8,5 - Una delle domande che ancora non ha trovato risposta, che per importanza arriva giusto dopo quella sull'origine dell'universo, è: qual è il ruolo di Basto? Difensore? Naaaa, troppo riduttivo. Regista arretrato? Mah, non sarebbe così spesso dall'altra parte. Esterno offensivo? No no, visto come va a chiudere dietro e in area? Quindi? Mai come in questa stagione questo ragazzo ha dimostrato di non poter essere inquadrato in un'unica voce, perché sa fare troppe cose. Sostenere che sia un difensore moderno non gli renderebbe giustizia, perché dove sono gli altri come lui? Assist in produzione seriale, sgroppate sulla corsia, lanci di 80 metri e presidio della propria area quando serve. Non esistesse il virus influenzale, sarebbe Iron Man. Una delle chiavi della grande bellezza espressa dall'Inter inzaghiana.
DARMIAN 8 - Se esistesse una versione nerazzurra di 'Uno', la carta con il +4 avrebbe la sua faccia. Perché quando ne hai più bisogno e sei con l'acqua alla gola, puoi sempre contare sul suo contributo preziosissimo. Non sfodera mai prestazioni da 9 in pagella, ma Inzaghi sa benissimo che ovunque deciderà di schierarlo otterrà esattamente ciò che si aspetta. Niente di meno. Braccetto destro o laterale su entrambe le fasce, è la pagina 46 dei (rari) problemi della squadra. Oltre che una benedizione anche per Luciano Spalletti. Gli anni passano per tutti, ma lui evidentemente in soffitta ha un ritratto di sé che invecchia al suo posto. Darmian Gray.
DE VRIJ 7,5 - Ormai neanche finge di sorprendersi, accettando di rimanere all'Inter sapeva che avrebbe dovuto accontentarsi di un ruolo di prima alternativa ad Acerbi. E dall'alto di uno spessore umano nonché di intelligenza rari, pur di non lasciare l'isola felice ha accettato serenamente. E quando Inzaghi ha avuto bisogno di lui non si è fatto mai trovare impreparato. Grande professionista, personaggio positivo, interprete puntiglioso del proprio ruolo, più l'avversario da affrontare è tosto più si sente galvanizzato. E la sua area di rigore diventa territorio inespugnabile. Ad avercene giocatori così, direbbe ogni allenatore. Taaaac.
BISSECK 7 - Ma che piacevole sorpresa! Da oggetto misterioso destinato a un anno di Erasmus altrove, ecco che Bisteccone all'improvviso si prende i riflettori e conquista tutti. Il tedesco si inserisce con cautela ma grande abnegazione nel nuovo contesto e appena chiamato in causa diffonde tutta la sua energia sul rettangolo di gioco, mandando in visibilio i tifosi interisti esaltati dalle sue sgroppate e da quel look che drippa parecchio. Non avesse di fronte i Tre Moschettieri probabilmente collezionerebbe un maggior numero di presenze, ma come primo anno per un ragazzo arrivato dalla lontana terra di Amleto non c'è davvero male. E i due gol (entrambi pesanti) arricchiscono il suo primo anno di stage nerazzurro.
DUMFRIES 7 - Giocatore da Fantacalcio se ne esiste uno. Quando gigioneggia su quella fascia verrebbe voglia di tirargli le orecchie ma poi a guardarlo bene in faccia forse è meglio limitarsi a una bacchettata a giusta distanza. Spesso e volentieri dà l'idea di essere un pesce fuor d'acqua, poi ti rendi conto che alla fine della fiera colleziona gol e assist come i top nel suo ruolo. Un po' come il maestro di biliardo che sceglie di perdere male la prima partita e poi ti svuota le tasche con quelle successive. Tecnicamente siamo ancora lontani dal simoninzaghismo, ma per spirito di abnegazione può guidare il gruppo. Il rischio che sia alle ultime partite in nerazzurro è concreto, nel dubbio si è tolto lo sfizio contro Theo nel derby della Stella: guizzo che merita di entrare di diritto nei suoi highlights stagionali. Justus tra i giusti.
BUCHANAN 6 - Arriva a tappare una falla, quella lasciata dalla malasorte di Cuadrado e dopo 5 mesi non è ancora chiaro se sia un esterno sinistro o un esterno destro. Inzaghi gli concede le briciole a partita in corso, ma le vibes che trasmette ai tifosi quando è in possesso di palla sono molto interessanti. C'è solo da capire se sia un Hakimi o un Lazaro, intanto si è già levato il peso del primo gol nerazzurro. Nel dubbio, alla prossima stagione, quella del reveal.
CUADRADO 6 - Complimenti doverosi per quanto visto fuori dal campo: il Panita inizia accettando la corte nerazzurra dopo anni di juventinità con tanto di menzione su calce allo Stadium (quanti rigori 'guadagnati'...), una sfida non da poco considerando le scarse simpatie nei suoi confronti da parte dei tifosi. L'ideale conclusione è quella serie di saltelli alla festa Scudetto, al coro di 'chi non salta juventino è'. E addio probabilmente alla menzione in calce. In mezzo, due assist e un lungo infortunio che ha reso quest'unico anno a Milano un lungo day hospital. Un giorno ci racconterà cosa si prova a vincere uno Scudetto festeggiandolo invece di giustificandolo.
DIMARCO 8,5 - Posto che nel ruolo di capopopolo con megafono in mano sempre pronto a intonare i cori della Nord è uno spettacolo, non è stato da meno sul rettangolo di gioco. Consapevole di avere poco più di un'ora di media a disposizione, l'esterno canterano e canterino l'ha sfruttata sempre alla grande, sfornando assist e collezionando gol di rara bellezza (anche da centrocampo) con quel piede sinistro che andrebbe esposto nel Museo di San Siro. La fame di chi ha fatto gavetta, la voglia di chi sente cuciti sulla pelle questi colori, il coraggio di chi non ha paura di niente. Se solo la gente imparasse a scrivere il suo nome senza spazi, sarebbe tutto perfetto. Se riuscisse a imparare l'arte del dribbling, bisognerebbe rivalutare le gerarchie storiche nel ruolo. Ma ci si può accontentare, no? La sinistra riparte da Dimash.
CARLOS AUGUSTO 7,5 - Non facciamoci ingannare dal look da impiegato catastale sulla quarantina, siamo di fronte a un 25enne con ancora parecchi margini di crescita. Splendida sorpresa a Monza, inaspettata certezza in nerazzurro. Pur avendo davanti un Dimarco baciato dalla dea Eupalla, il laterale brasiliano si è saputo ritagliare un proprio spazio sia largo sulla sinistra sia da braccetto vice Bastoni, una manna dal cielo per Inzaghi. E pur stringendo le meningi, non è semplice ricordare una prestazione non all'altezza dell'incarico. Viene da chiedersi se sia più abile tatticamente o tecnicamente e non è una risposta semplice, perché nelle giornate giuste sa andare via palla al piede con qualità tipica delle sue origini verdeoro, al punto che sorprende non vederlo protagonista nei tabellini dei marcatori più spesso. Roberto Carlos (Augusto).
SENSI 6 - Voto di stima in quella che è (finalmente, per tutti) la sua ultima stagione a Milano con l'Inter. Quella pessima nuvoletta fantozziana che da anni lo accompagna e gli ha impedito di esprimere al meglio il proprio insindacabile talento gli ha negato, per questioni meramente tecniche ed economiche, di trasferirsi a gennaio al Leicester e iniziare una nuova vita. Poco male, lì avrebbe festeggiato la promozione in Premier League, trattanendosi qualche altro mese si è goduto il mare nerazzurro e ha iscritto il proprio nome tra gli eroi della seconda stella.
KLAASSEN 6 - Arrivato in punta di piedi, una stagione intera in punta di piedi, se ne andrà in punta di piedi. Con uno Scudetto, che si aggiunge ai numerosi titoli in Olanda, da raccontare ai nipotini. E quando sostiene che questa esperienza lo ha cambiato, c'è da credergli: le foto non mentono. Grande professionista, la carriera parla per lui, anche se molti tifosi lo ricorderanno per la giocata contro la Juventus nel match che ha scavato il solco tra l'Inter e il resto d'Italia: l'invito a Maresca a fischiare la fine un minuto dopo essere entrato in campo.
BARELLA 8,5 - Un periodo di flessione per questioni personali che aveva gelosamente tenuto al riparo dai riflettori, poi rieccolo riprendersi il palcoscenico e riempirlo di tante, tantissime cose belle. Forse non sarà mai come Iniesta (piano con i paragoni), ma questo non lo rende meno imprescindibile per il centrocampo dell'Inter. Recuperi, sgroppate, assist, coperture, impostazione dal basso, francamente è difficile scegliere la specialità in cui dà il meglio di sé. Ma la giocata migliore della stagione è probabilmente aver chiesto scusa per aver amplificato il danno procurato da Frendrup contro il Genoa. Esempio che nessuno dei colleghi ha mai seguito, giusto per essere chiari. Segnale di enorme maturità, la stessa che lo sta frenando nella platealità delle reazioni ma non nello slancio sul rettangolo di gioco. Il ragazzo cresce calcisticamente e umanamente, così come il legame con l'Inter e con la sua squadra. Nico e i suoi fratelli.
CALHANOGLU 9 - La stagione della consacrazione? La stagione della consacrazione. Quando sostiene di ritenersi tra i migliori nel ruolo, che ha iniziato a praticare solo un anno fa, fa sempre seguire i fatti alle parole. Probabilmente è la Gioconda tattica di Inzaghi, nessuno si sarebbe mai aspettato un'evoluzione del genere a 29 anni. Ma serietà, professionalità e talento hanno reso tutto più semplice. Lo Scudetto, il primo, è reso ancora più dolce dall'ennesima rivincita sul Milan, quella maxima nel derby della seconda stella. Ma da parte sua nessuna dichiarazione al veleno, perché godersi il momento è più piacevole che perdere tempo punzecchiando gli altri. A quello pensano i tifosi con il coro a lui dedicato che gli ricorda perché all'Inter segna così tanto. Mandatelo a calciare dal dischetto e lui solleverà il mondo. Calha lo sai perché...
MKHITARYAN 8,5 - Un essere umano 35enne normodotato al suo posto avrebbe l'aspetto di un tubetto di dentifricio spremuto all'inverosimile. Inzaghi non riesce letteralmente a farne a meno anche in giornate di turn over spinto. Ma non è sadismo, è pura necessità di quel tipo di calciatore al quale non va spiegato nulla, visto che sa in anticipo quello che va fatto per arrivare alla vittoria. Andrebbe clonato, e non solo per le prestazioni sul campo e per il fatto di autoalimentarsi correndo. Andrebbe clonato perché uno così è un esempio per chiunque, perché parla poco e lavora tanto, perché non è letteralmente in grado di polemizzare, perché per la propria squadra darebbe sacrificherebbe sé stesso. Perché se anche decidesse di smettere di giocare in questo momento, con la sua cultura e il suo equilibrio il calcio non gli mancherebbe. L'equilibratore dei campioni d'Italia.
FRATTESI 8 - Gira voce che nel tempo libero si piazzi nelle colonnine in giro per Milano e alimenti le auto elettriche per riuscire a scaricare tutta l'energia che gli attraversa il corpo. Ma potrebbe essere una fake news. Di vero c'è che questo ragazzo è un vero e proprio generatore di elettricità quando Inzaghi decide di liberarlo in campo. Meno di quanto avrebbe voluto l'ex Sassuolo, che però non ha mai battuto ciglio. Dopo tutto l'Inter è sempre stata la sua prima scelta e l'ha portata avanti fino in fondo, meritandosi questa maglia a suon di prestazioni, carattere e, non dimentichiamolo, gol piuttosto pesanti come quelli al Milan, al Verona e a Udine tra gli altri. Totale: 8+7, mica male. Perfettamente allineato con lo spirito nerazzurro, diventato rapidamente idolo della gente per un'attitudine battagliera e coinvolgente. I suoi festeggiamenti dopo lo Scudetto sono già leggenda.
ASLLANI 7 - Work in progress. Dopo una prima stagione un po' ai margini, chiuso dall'ingombrante personalità di Brozovic e dall'evoluzione tattica di Calhanoglu, il giovane albanese ha mantenuto le promesse fatte a sé stesso, decidendo fermamente di rimanere e all'ambiente nerazzurro, vale a dire continuare a migliorare e diventare più protagonista. "Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette" cantava De Gregori, e in questa stagione trionfale le sue spalle si sono irrobustite al punto da farsi largo anche in partite di un certo coefficiente di difficoltà. Qualche piccolo passaggio a vuoto ma anche una personalità sempre più emergente, con performance di qualità,, maggiore convinzione nelle proprie capacità e freddezza quando il pallone scotta. Ah, anche il primo gol, contro il Genoa, con il Meazza ai suoi piedi.
THURAM 9 - Era dai tempi in cui il ketchup ha incontrato le patatine fritte che un binomio non funzionava talmente bene come quello tra il francese e l'Inter. A memoria è difficile trovare un giocatore che al suo primo anno in Italia abbia avuto un impatto talmente devastante. Ma attenzione, i numeri raccontano solo una parte della stagione del figlio di Lilian, che pure tra gol (parecchi assai pesanti) e assist si è decisamente guadagnato la pagnotta. Le giocate, i movimenti, i rigori procurati, le altrui autoreti causate, c'è tanto materiale da raccogliere prima di chiudere definitivamente il bilancio della sua stagione, oltre al meraviglioso feeling creatosi sia nello spogliatoio sia con i tifosi. Certo, presentarsi con un gol leggendario in un derby vinto 5-1 è stato un boost non da poco... E ricordiamolo agli smemorati: parametro zero.
ARNAUTOVIC 6 - Diciamo la verità, sia l'austriaco sia l'ambiente nerazzurro avrebbero sperato in un'annata più proficua. Invece l'ex Bologna, che ha fortemente voluto la seconda occasione all'Inter a distanza di 13 anni, patendo due infortuni che gli hanno messo il freno a mano, non è mai riuscito a uscire dal guscio che ne ha appesantito il corpo e la mente. Tanto spirito di sacrificio ma anche modesti risultati in zona gol dove avrebbe dovuto incidere di più (come a Verona all'ultima chiamata), soprattutto quando la Thu-La aveva bisogno di rifiatare. Un vero peccato, ma almeno le sue difficoltà hanno sottolineato ulteriormente lo spessore umano di questa squadra, che ha fatto di tutto per dargli una mano. Arna (non) letale.
SANCHEZ 6,5 - Giocatore sopra la media sotto tutti i punti di vista, che vive in un mondo in cui in campo sono lui e altri dieci. Un ego smisurato giustificato da un talento senza età, espresso in più di un'occasione soprattutto mettendo piede in campo dall'inizio. Chiaro, anche el Nino Maravilla è stato soggetto a diversi passaggi a vuoto, ma quando le idee hanno incontrato la velocità d'esecuzione è stato uno spettacolo. Un cileno pieno di zucchero, direbbe Mahmood. Non avesse avuto la tendenza di subentrare come Taz dei Looney Tunes, correndo all'impazzata alla ricerca del pallone senza alcun criterio logico, forse avrebbe sfruttato meglio anche scampoli di partita. Vabbè, i campioni sono così.
MARTINEZ 9,5 - Toro? Meglio T'oro. Perché in questa stagione ha trasformato in oro gran parte dei palloni toccati, non solo quelli sbattuti in rete per vincere la classifica dei cannonieri. Con così largo anticipo che si è potuto permettere un'ibernazione di un paio di mesi e nessun contendente è riuscito anche solo ad avvicinarsi. Capitano e trascinatore, in quella che è stata a tutti gli effetti la stagione della sua consacrazione dentro e fuori dal campo. Voleva questo Scudetto da due anni e ha fatto tutto il necessario per dare l'esempio ai suoi compagni, indossando l'elmetto prima di mettere piede in campo e combattendo come un partigiano contro l'invasore. Verità: è Lautaro il volto di questa Inter che domina e vince il campionato della seconda stella.
INZAGHI 10 - C'è chi ancora sostiene che il peso dell'allenatore sui risultati della sua squadra sia limitato. Pareri legittimi, ci mancherebbe. Ma il consiglio è andare a vedere il percorso dell'Inter da quando il tecnico piacentino è stato incaricato di recuperare un gruppo abbandonato da Antonio Conte e svuotato di Eriksen, Hakimi e Lukaku. Un percorso che ha vissuto alti e bassi, #InzaghiOut, tentazione di mollare tutto, coppe sollevate ai cieli italici o mediorientali e cocenti delusioni, ma mai privato della grande bellezza. La bellezza del gioco, che ha sempre accompagnato la filosofia inzaghiana ed è stato un autentico crescendo rossiniano fino alla sublimazione di un campionato stravinto riempiendo costantemente il Meazza e gli occhi di tifosi e appassionati di calcio. Un lavoro meticoloso, dettagliato e coinvolgente tra le mura di Appiano Gentile, l'esaltazione della Gestalt in cui il tutto è più delle singole parti che lo compongono. Peccato per la Champions League, ma sappiamo che ci riproverà ancora e ancora perché questo gruppo da lui forgiato sa di non avere limiti. Il Demone di Piacenza non ha ancora finito di cucinare.
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