Per lo scudetto sarà Inter contro Napoli. Ormai è chiaro. Il ko dell'Atalanta a Firenze ha certificato l'uscita probabilmente definitiva dei bergamaschi dalla corsa tricolore: gli uomini di Gasperini hanno accusato il colpo della sconfitta interna con i campioni d'Italia e ora devono più che altro guardarsi dal ritorno di chi è alle spalle come Bologna e Juventus.

In vetta, invece, non perdono terreno Inzaghi e Conte. Ma quanta differenza tra i due, in campo e non solo.

In campo il discorso è chiaro, chiarissimo: l'Inter di Inzaghi è un mix di esperienza italica e nobiltà europea; il Napoli di Conte è pragmatismo estremo e continua ricerca dell'espediente. A livello di comunicazione, c'è un allenatore ancora relativamente "giovane" che non si nasconde, che dimostra coraggio e onestà intellettuale. E poi c'è un altro allenatore, con alle spalle già ogni tipo di esperienza professionale, che invece ama il teatro, la provocazione e che non manca di pungere i rivali con la lingua.  

Perché ascoltare favole fa piacere a tutti, ma a una certà età si dovrebbe essere in grado di distinguere la realtà dalla finzione. E la verità è che, fino al mese di gennaio, nel Napoli c'erano otto undecisimi della squadra titolare che aveva vinto lo scudetto con Spalletti: Buongiorno, McTominay e Lukaku al posto di Kim, Zielinski e Osimhen. In più Gilmour e Neres come alternative. Il brasiliano, passato da alternativa di lusso a titolare, ha rimpiazzato Kvaratskhelia dopo l'addio del georgiano nel mercato invernale. A lviello quantitativo, Inter e Napoli hanno lo stesso numero di giocatori, nonostante i nerazzurri siano impegnati anche in diverse altre competizioni a differenza dei campani. E questo è un dato facilmente reperibile: chi dice il contrario, è in malafede o non sa contare da 1 a 25. 

Quando Conte parla di "corazzata" in grado di dominare in Italia e in Europa, riferendosi all'Inter, dimentica che è letteralmente la squadra dalla quale è fuggito a gambe levate dopo lo scudetto del 2020/21. Addio cercato e voluto (senza dimissioni, ma con buonuscita corposa) perché - a suo dire - si stava smobilitando e gli standard del club non rispettavano più i suoi. Insomma, per dirla proprio alla Conte, non c'era nemmeno l'1% di chance di vincere.

Nella vita si può sbagliare, ci mancherebbe. Ma le favole, a una certa, anche basta.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 01 aprile 2025 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni
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