Dopo le anticipazioni tratte dalla sua autobiografia uscita ieri in Brasile, Adriano torna a parlare di sé. E lo fa attraverso una lunghissima lettera pubblicata dal sito The Players' Tribune, dove ha raccontato quello che è il suo legame quasi sanguigno con Vila Cruzeiro, la favela di Rio de Janeiro dove è cresciuto. Tra i ricordi dell'infanzia con la famiglia vissuta in un posto definito "pericoloso da morire, dove la gente soffre" e il racconto del trauma ancora non superato della morte del padre, l'ex Imperatore dell'Inter racconta come ha vissuto il suo primo Natale lontano da casa, a Milano: "Il periodo delle feste è molto importante a casa mia. Stiamo tutti insieme. È sempre stato così. Via 9 si riempiva perché Mirinho era un grande, no? La tradizione iniziava lì. Anche a Capodanno, tutta la favela si riuniva davanti casa mia. Quando sono andato all'Inter il colpo è stato fortissimo durante il primo inverno. È arrivato Natale e io ero da solo nel mio appartamento. Faceva un freddo cane a Milano. Sentivo quella depressione che arriva nei mesi gelidi e grigi del nord Italia. Le persone tutte vestite di scuro. Le strade deserte. I giorni sono cortissimi. Il tempo umido. Non ti viene voglia di fare niente, caro mio. A tutto questo si aggiungeva la nostalgia di casa e sono stato davvero male".

C'è però chi ha provato ad aiutarlo a superare la nostalgia: "Clarence Seedorf è stato davvero un grande amico. Lui e sua moglie hanno organizzato una cena per gli amici più intimi e mi hanno invitato. Sai, quel tipo ha uno stile che spacca. Immagina la cena di Natale a casa sua. Una raffinatezza da paura. Era tutto bellissimo e buono, ma la verità è che volevo essere a Rio de Janeiro. Non sono rimasto molto tempo. Mi sono scusato, li ho salutati velocemente e sono tornato al mio appartamento. Poi ho chiamato a casa. 'Ciao mamma. Buon Natale', ho detto. 'Figlio mio! Mi manchi tantissimo. Buon Natale anche a te. Ci sono tutti qui, manchi solo tu,” ha risposto lei". Si sentivano le risate in sottofondo. La musica da ballo che le mie zie mettono per ricordare i tempi in cui erano ragazze era a tutto volume. Cosa? Quelle lì ballano come se fossero ancora in discoteca. Anche mia madre, sempre uguale. Bastava sentire tutto quello rumore al telefono e mi sembrava di vederli lì davanti a me. Cavolo, mi sono messo a piangere subito. Ero a pezzi. Ho preso una bottiglia di vodka. Senza esagerare. Me la sono scolata tutta da solo. Mi sono riempito di vodka. Ho pianto tutta la notte. Mi sono addormentato sul divano, di tanto che avevo bevuto e pianto. Ma era così, no? Cosa avrei potuto fare? Ero a Milano per un motivo. Era quello che avevo sognato per tutta la vita. Dio mi aveva dato l’opportunità di diventare calciatore in Europa. La vita della mia famiglia è migliorata molto grazie alla mia fatica e a tutto ciò che Lui ha fatto per me. E che anche loro hanno fato per me. Quel prezzo, in fondo, era piccolo da pagare, rispetto a tutto ciò che stava succedendo e che sarebbe ancora successo. Ne ero consapevole. Ma non per questo mi è passata la tristezza".

Vila Cruzeiro è stato poi il suo rifugio quando, testuali parole, Adriano scappò dall'Italia in uno dei periodi di maggior difficoltà: "Quando sono “scappato” dall'Inter e me ne sono andato dall’Italia, sono venuto a nascondermi qui. Ho girato tutto il complesso per tre giorni. Nessuno mi ha trovato. È impossibile. È la regola numero uno della favela. Zitto e mosca. Secondo te qualcuno mi avrebbe tradito? La stampa italiana era impazzita. La polizia di Rio ha perfino fatto un’operazione per “salvarmi”. Dicevano che ero stato rapito. Ma dai, scherzi? Figurati se qualcuno mi farebbe del male qui, proprio a me che sono cresciuto nella favela. Mi hanno criticato un sacco per questo. Che ti piaccia o no, era l'indipendenza di cui avevo bisogno. Non ce la facevo più in Italia, appena uscivo di casa dovevo guardarmi attorno e controllare chi c’era, dove stavano le telecamere, chi si avvicinava, se era un giornalista, un furbo, un truffatore, o chissà quale altro rompiscatole. Da noi queste cose non esistono. Qui, quelli di fuori non hanno idea di cosa faccio. Questo era il loro problema. Non capivano perché fossi tornato in favela. Non era per l'alcol, né per le donne, tanto meno per la droga. Era per la libertà. Era perché volevo un po’ di pace. Volevo vivere. Volevo essere di nuovo umano. Solo per un po’. Cavolo, questa è la verità. E allora?".

Il brasiliano non nasconde di aver fatto di tutto per uscire dal tunnel dell'alcool, senza però riuscirci: "Ho provato a fare quello che volevano loro. Ho cercato di fare accordi con Roberto Mancini. Mi sono impegnato con José Mourinho. Ho pianto sulla spalla di Massimo Moratti. Ma non riuscivo a fare quello che loro mi chiedevano. Stavo bene per qualche settimana, non bevevo manco un goccio, mi spaccavo di allenamenti, ma poi c’era sempre una ricaduta. E tutti mi criticavano. Non ce la facevo più. La gente ne ha dette di tutti i colori, come se fosse chissà quale scandalo. 'Ma come? Adriano ha smesso di guadagnare sette milioni di euro? Ha mollato tutto per questa roba?' È quello che ho sentito dire più spesso. Ma nessuno capisce perché l'ho fatto. Perché non stavo bene. Avevo bisogno del mio spazio, di fare quello che volevo fare".

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Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 12 novembre 2024 alle 15:03
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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