Finiti gli impegni delle varie nazionali e con i campionati che devono ancora ripartire, lo sport più in voga nel mondo del calcio, oltre alla conta degli infortunati, è il cazzeggio creativo attorno al Pallone d’Oro. Il premio inventato da France Football nel 1956 che viene assegnato al giocatore che si è distinto maggiormente durante la stagione (prima del 1995 la scelta era ristretta ai soli giocatori europei). La sua genesi eurocentrica la dice lunga su quanto possa essere relativa l’elezione di un MVP che per quasi quarant'anni ha escluso a priori due mostri sacri come Pelè e Maradona, per fare due nomi a caso.

I campioni che ne hanno composto il palmares, comunque, lo hanno reso un riconoscimento prestigioso, anche se quasi mai ‘giusto’ vista la natura dei criteri pensati per la votazione, affidata a dei giornalisti selezionati in tutto il mondo. Alcune assegnazioni contestate hanno portato la FIFA a creare il ‘World Player of the Year’, assegnato dal 1991 al 2009 al miglior calciatore sulla base dei voti di commissari tecnici e dei capitani delle nazionali. Il dualismo venne interrotto nel 2010, in seguito alla fusione tra i due riconoscimenti che portò al Pallone d'oro FIFA. Collaborazione durata appena sei anni, visto che la rivista francese nel 2016 decise di ritornare alla formula originaria del Ballon d’Or. Sono gli anni del duopolio Messi-Cristiano Ronaldo, che si spartirono la corona di miglior giocatore del mondo in quell’arco temporale: 4-2 il risultato finale a favore della Pulga, che chiude gli anni 10 del XXI secolo con la vittoria più discussa sopravanzando i campioni del mondo spagnoli, nonché compagni di squadra al Barcellona, Andres Iniesta e Xavi Hernandez. E i tripletisti dell’Inter? Wesley Snejider, super protagonista anche con l’Olanda, giù dal podio; Maicon, Julio Cesar ed Eto’o fuori dalla top 10. Milito, il bomber di quella squadra, neanche nella short list dei primi 23. Prima e dopo il film è lo stesso: CR7 vince anche nel 2008 e nel 2017 arrivando al pokerissimo, mentre LM10 arriva a metterne otto in totale in bacheca aggiungendo le edizioni 2009, 2019, 2021 e 2023. Sono solo tre le eccezioni a questo duello senza tempo: Luka Modric (2018), Karim Benzema (2022) e l’asterisco del 2020, quando Robert Lewandowski, il vincitore designato, rimase a bocca asciutta per la decisione di non assegnare il premio dopo la strana annata contraddistinta dal Covid-19, portata a termine con fatica e oltre le classiche scadenze del calendario.

Questo excursus storico, propedeutico per calare le cose nel giusto contesto, serve a capire perché il Pallone d’Oro continuerà a far discutere. C’è sempre qualcosa su cui essere in disaccordo. Per, esempio, la stessa FF nel 2022 si accorse di dover intervenire sul regolamento per una “questione - parole loro - di sopravvivenza, credibilità, legittimità e attrattiva”. Tra le regole modificate, quella più importante è stata quella di limitare l’élite dei votanti a 100 giornalisti, appartenenti ai primi cento Paesi del ranking FIFA. Con l’obiettivo, in linea teorica, di aumentare la competenza. Questi ‘elettori’ hanno dovuto orientarsi rispettando tre direttive per il voto: 1) valutare le prestazioni individuali e il carattere decisivo dei contendenti; 2) essendo il calcio uno sport di squadra, considerare le prestazioni collettive e i trofei accumulati durante la stagione. 3) la classe del giocatore e il suo senso del fair play. Stralciato il criterio "carriera giocatore”, su cui spesso ha fatto leva Messi, il miglior della sua epoca e tra i più forti di tutti i tempi, per vincere anche in stagioni non proprio dominanti.

Ora, avendo chiare le regole, si può affermare che Lautaro Martinez meriti di vincere il Pallone d’Oro? La domanda è nata dopo i recenti endorsement di Lionel Messi e Lionel Scaloni, capitano e ct dell’Argentina campione del mondo e bi-campione del Sud America. Ma allo stesso tempo allenatore e compagno di squadra del Toro, che in coro hanno detto che 'lo merita più di chiunque altro'. Sul tavolo, il bomber dell’Inter può mettere uno scudetto con lo scettro di capocannoniere della A, una Supercoppa italiana, una Copa America e la bota de oro del torneo. Mica poco, anche se nella competizione più importante per club è uscito a testa bassa, agli ottavi di finale dopo un girone da attore non protagonista, calciando alle stelle il rigore decisivo nella lotteria contro l’Atletico Madrid. La Champions è stata il regno, neanche a dirlo, del Real Madrid, che ha avuto in Vinicius Jr. il suo uomo copertina con sei gol, di cui uno in finale. Partita, in realtà, sbloccata da Dani Carvajal, leggenda dei blancos, che è pure riuscito nell’impresa di vincere l’Europeo con la Spagna. E’ tra i principali nominati, ma le sue chance di vittoria sono minime. Troppo poco glamour lui e il suo ruolo, la cui interpretazione non lo rende un giocatore da highilights. Lo stesso ‘problema’ che ha Rodri, connazionale di Carvajal, che fa quel lavoro in campo che non si vede a occhio nudo ma che permette alle squadre per cui gioca di vincere le partite. Sfortuna ha voluto che abbia segnato il gol più importante della sua vita, nell’ultimo atto di Champions contro l’Inter, nella stagione in cui Messi è salito in cima al mondo. Non è comunque nemmeno stato inserito in top 3, secondo è arrivato il suo compagno al Manchester City Erling Haaland, autore di 52 gol complessivi. Un’enormità, in una stagione perfetta a livello di squadra visto che si è conclusa con il Treble. Terzo si è classificato Kylian Mbappé, l’antagonista di Leo nell’epica finale in Qatar, dove il francese ha segnato una tripletta. Record che non valgono nulla di fronte alla storia che si compie. I gol non si contano, ma si pesano. Tre reti in finale possono valere zero in ottica Pallone d’Oro, se poi la tua squadra non trionfa. Cinquanta due gol in tutte le competizioni ti proiettano direttamente nella leggenda, ma non varranno mai come un Mondiale inseguito per una carriera. E’ la regola non scritta di questo premio che crea di anno anno in anno la sua storia preferita. Non per forza giusta. Inutile, quindi, chiedersi chi abbia le credenziali migliori per succedere Messi nell’albo d’oro. Basta aspettare il 28 ottobre prossimo, quando al Theatre du Chatelet di Parigi ci sarà l'attesa incoronazione. All'atto della proclamazione non bisognerà commettere due errori: per prima cosa va specificato che chi avrà in mano il premio non è per forza di cose il miglior al mondo, ma 'semplicemente' quello che è stato più forte durante l'anno precedente. In secondo luogo, quel qualcuno che sarà sotto le luci dei riflettori è il più forte rispetto a chi l'ha votato. Ovvero in senso relativo, un concetto che sembra ancor più forte nella ricerca del primo rappresentante dell'era post Messi-Ronaldo. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 17 ottobre 2024 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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