"Ora mi sento bene. Sanremo mi è servito, avevo bisogno di rivivere quell'ansietta che mi fa stare bene. Sono una persona dipendente dall'adrenalina e rivivere certe emozioni, che non posso più avere in campo, è importante" ha ammesso Edoardo Bove, intervenuto al podcast 'Passa dal BSMT', dove il centrocampista della Fiorentina è tornato a parlare del malore avuto durante il match con l'Inter: "Le persone quando mi guardavano avevano uno sguardo di pena. All'inizio mi dava quasi fastidio ma non posso biasimarli. Dopo però ho capito quanto questa cosa avesse spaventato la gente e di quanto fossero felici di vedermi. Lì ho capito la gravità di quello che è successo. Quando mi sono svegliato in ospedale non capivo cosa fosse successo e ho voluto rivedere quel momento in cui ho perso i sensi. Inizialmente le immagini non mi hanno dato fastidio ma riguardandole dopo un po' di tempo è stato come tornare indietro e per questo mi turba - ha continuato -. Sento che nel mio percorso di recupero, anche mentale, mi facciano fare un passo indietro. Mi tornano in mente domande capricciose: perché proprio a me? perché gli altri possono giocare e io no? Io ho realizzato subito di essere stato molto fortunato, per questo quasi mi sento in colpa quando mi faccio certe domande".

Sui ricordi di Fiorentina-Inter.
"Io mi ricordo il primo quarto d'ora e quando ha segnato Lautaro e poi il gol è stato annullato io già sentivo girarmi un po' la testa anche se il cuore lo sentivo battere normalmente. A quel punto mi sono abbassato e quando mi sono rialzato sono andato giù. Non ho mai sentito nulla al petto. Mi sono svegliato all'ospedale senza ricordarmi nulla. Mi hanno detto che in ambulanza ho fatto un bel casino, ero abbastanza indemoniato, ma non ricordo niente. E' incredibile come il nostro cervello scelga cosa ricordarsi o meno". 

Sull'importanza del primo soccorso.
"Siamo tutti dipendenti da chi ci cammina accanto. Se succede ad una persona per strada e si ritrova accanto ad uno che sa praticare un intervento di primo soccorso quella persona si può salvare. I defibrillatori sono importantissimi. Io mi trovavo nel posto giusto al momento giusto, i dottori mi hanno detto che mi sarebbe potuto capitare in qualsiasi momento. Queste sono quelle dinamiche che mi fanno capire di essere stato fortunato. I medici mi hanno subito avvertito che la cosa migliore sarebbe stata impiantare questo salva vita, dandomi tante garanzie. Ora ci sto imparando a convivere: quando dormo su un determinato lato o faccio certi movimenti lo sento; all'aeroporto mi permette di avere una corsia preferenziale (ride, ndr)".

Sul giocare col defibrillatore in Italia. 
"E' un argomento che sto tutt'ora approfondendo. La legge italiana non permette di giocare a calcio con il defibrillatore ma non è una questione medica. Per questo all'estero certi Stati consentano la pratica agonistica. Nel futuro dovrò fare delle visite importanti che mi diranno se posso toglierlo e, in caso, cosa dovrei fare. Poi conta anche la salute mentale perché se io non mi sentissi sicuro senza allora cambierebbe tutto. Non c'è ancora nulla di definito quindi e questo mi fa ben sperare nel futuro. Se andrei all'estero? Sì perché lo devo a me e a tutti i sacrifici che ho fatto. Non mi sentirei di mollare, sono ancora giovane. Dopo il malore ho sentito subito Eriksen, è stato molto carino e mi ha dato tanti consigli".

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Sezione: News / Data: Lun 17 marzo 2025 alle 15:30
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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