Federico Bonazzoli riparte da Padova. L'attaccante di scuola Inter ha ancora solo 21 anni, ma alle spalle già il fardello del 'predestinato'. Un peso che evidentemente si è portato dietro dopo il passaggio alla Samp che avrebbe dovuto rappresentare il trampolino di lancio verso una carriera lucente. Oggi, alla Gazzetta dello Sport, Bonazzoli prova a riassumere gli ultimi anni deludenti.

Bonazzoli, poi cosa è successo?
"E’ successo che quando sei nella Primavera e vedi che fai la differenza ti senti forte, quasi invincibile. Invece la realtà è un’altra e quando poi fai il grande salto e ti trovi contro giocatori che hanno 200 o 300 partite tra i professionisti la musica cambia. E perdi fiducia, anche perché sei molto giovane e non sai affrontare le difficoltà".

L’essere stato pagato tanto non ha aiutato.
"Quello non dipendeva da me. Il problema è che ogni giocatore ha il suo percorso di crescita e a quell’età avere tanti occhi addosso può crearti parecchi problemi. Comunque anche io mi mettevo tanta pressione addosso, volevo dimostrare agli altri e a me stesso quanto valevo".

E invece la Serie A si è rivelata un ostacolo altissimo: 21 presenze tra Inter, Samp e Spal e zero gol.
"Ho delle colpe anch’io e non le nascondo: se non giocavo è perché non lo meritavo. Però dico che quando scendi in campo senza continuità, quando fai solo degli spezzoni di gara e non senti la fiducia di chi ti sta attorno è ancora più dura. Ma ora ho capito che quelle sono esperienze che fanno bene".

La partenza della carriera è stata fulminea: Mazzarri credeva molto in Bonazzoli.
"Si, mi ha fatto debuttare a 16 anni e mezzo in Inter-Trapani di Coppa Italia nel dicembre 2013, mentre l’anno successivo ho esordito sia in campionato sia in Europa League. Vivevo in una bolla: io tifoso dell’Inter giocavo con i miei idoli che poco prima vedevo solo in televisione. Sono orgoglioso di quello che ho vissuto e le emozioni che ho provato in quel periodo non me le toglierà mai nessuno".

Con chi aveva legato di più?
"Con D’Ambrosio, che sento ancora adesso. Nell’estate 2014 mi aggregai alla prima squadra per una tournée negli Stati Uniti e con lui ci fu subito un grande feeling".

Chi era il giocatore più forte?
"Tutti campioni. C’era Kovacic che col pallone faceva cose straordinarie. Poi Icardi: già allora era un fenomeno. Anche in allenamento capivi quanto sono forti quelli della prima squadra".

Padova, qualche anno fa, fu il trampolino di lancio per El Shaarawy che poi andò al Milan. Può essere un modello da imitare?
"Lo spero tanto, lui è ancora giovane e ha già fatto una grande carriera. Ora tocca a me".

Sezione: Rassegna / Data: Sab 02 febbraio 2019 alle 10:34 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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