Massimo Oddo e Simone Inzaghi, compagni alla Lazio e amici, sono rimasti legatissimi. L'ex terzino biancoceleste parla dell'esplosione dell'attuale allenatore dell'Inter nella chiacchierata con La Gazzetta dello Sport: "Lo prendevo in giro già a fine carriera, quando era acciaccato, “smetti e allena”, perché lui lo diceva, era ‘malato’ di calcio, studiava tutti, guardava ogni tipo di partita. Poi una carriera del genere non la si poteva immaginare per nessuno. Tantissimi giocatori quando smettono cercano di percorrere questa strada, ma le panchine in Serie A sono 20... Lui ce l’ha fatta con grande merito e un pizzico di fortuna nel percorso, visto che nel 2016 alla Lazio doveva arrivare Bielsa, che poi disse no, mentre Simone era destinato alla Salernitana. Un conto è iniziare dalla Serie A, un altro essere in B".

Però quello che ha ottenuto dopo se lo è meritato.
"Assolutamente, oggi è il miglior tecnico italiano. E non perché allena l’Inter ed è in testa. Gestisce una squadra organizzata, messa benissimo in campo, che sa affrontare ogni tipo di partita e che ottiene risultati. La forza dell’Inter non è solo tecnico-tattica, ma anche mentale. Avere campioni che sanno anche soffrire quando serve è un valore aggiunto, merito del tecnico che sa trasmettere più concetti: attaccare, difendere, giocare bene e soffrire".

Inzaghi ha anche il merito di avere valorizzato una rosa con diversi uomini su cui qualche anno fa in pochi avrebbero scommesso?
"Acerbi sembrava in declino, Calhanoglu e Mkhitaryan erano in scadenza, Thuram lo conoscevano in pochi, mentre la Juve ha speso tantissimo per giocatori di nome. Va reso merito al tecnico che li ha assemblati ma anche ai dirigenti che si sono mossi alla grande sul mercato. Ora Calha e Miki sono tra i top al mondo. Non basta avere 11 campioni, li devi far giocare insieme e pensare alla stessa maniera. Da fuori, il primo merito di Inzaghi è l’empatia. Quando i giocatori vogliono bene al tecnico, poi si stringono a lui anche nelle difficoltà".

E a livello di campo?
"L’Inter gioca bene perché lui ha saputo modernizzare il 3-5-2. Nelle sue squadre vedo un po’ di Guardiola, un po’ di Gasperini e di altri grandi. Lui non cambia sistema perché non è statico, non vedi mai gli esterni che fanno solo gli esterni, spesso entrano, mentre Barella può essere chiuso o aperto. I braccetti spingono, Darmian e Dimarco diventano ali in un 4-2-4...".

Quando vi vedete, lo prende in giro perché sostituisce sempre un giocatore ammonito?
Ride. "Certo! Anche se ora ha la fortuna di avere calciatori di valore quasi simile, quindi se deve inserirne uno ha più senso togliere quello che con un altro cartellino lascerebbe la squadra in dieci".

Sezione: Rassegna / Data: Sab 10 febbraio 2024 alle 10:16
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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