"Puoi sbagliare la moglie (nella vita), ma non l’attaccante e il portiere nella costruzione di una squadra di calcio". Basterebbe la citazione calcistica preferita di Antonio Conte, presa in prestito dall'originale pronunciata da Pantaleo Corvino, per spiegare il momento negativo che sta attraversando l'Inter di Simone Inzaghi o, se preferite, orfana del tecnico salentino. Una squadra che, toccando vette di calcio notevoli tra novembre e dicembre, aveva bypassato lo storico problema delle due aree di rigore. Tra clean sheet e partecipazione al gol di tutta la rosa, con numeri drogati da un calendario a dir poco accomodante, le parate dell'estremo difensore e la mira dei bomber erano diventati, nella lunga rincorsa al primo posto, temi secondari. Anzi, questioni persino futili di fronte alle risposte estemporanee date, dopo il filotto di otto vittorie di fila, prima da Samir Handanovic, protagonista assoluto nello 0-0 di Bergamo, e poi da Edin Dzeko, match winner col Venezia, nell'ultima, sudatissima gioia in campionato della Beneamata.
L'alfa e l'omega di una formazione che nel 2022 ha cominciato a stentare a livello di risultati dopo aver messo in bacheca il primo trofeo stagionale, la Supercoppa italiana: solo 5 punti nelle successive 5 uscite in campionato, una media da zona salvezza che non rende giustizia alla proposta dell'Inter in termini di gioco. Numeri che riassumono in maniera spietata i difetti di una formazione che paga un dazio altissimo per gli errori che commette nei 17 metri davanti alle due porte. Emblematica, in questo senso, la gara peggiore della stagione, quella persa col Sassuolo, a onor del vero condizionata pesantemente da un approccio censurabile, difficile da spiegare a parole anche per un giocatore esperto come De Vrij (peraltro arrivata a tre giorni dal picco toccato contro il Liverpool). Dopo l'uno-due firmato Raspadori-Scamacca in 26' (sul primo gol tradisce Handa), Inzaghi ha sentito l'esigenza per la prima volta nella sua gestione di azzardare il tutto per tutto già dal primo minuto della ripresa pensando di aumentare le possibilità di segnare con l'inserimento di Alexis Sanchez in un inedito tridente d'attacco. Mossa tattica della disperazione con la quale il tecnico ha lanciato un messaggio contraddittorio ai suoi: privilegiamo la giocata al gioco. Il risultato? Forcing offensivo dal primo pallone toccato come se si stessero giocando i minuti di recupero, lucidità annebbiata dalla frenesia della rimonta e tante rincorse all'indietro per evitare il tris della beffa, sciaguratamente sprecato dai neroverdi almeno 3-4 volte. "Abbiamo provato a organizzare qualcosa, ma non abbiamo trovato l'episodio", ha commentato il tecnico piacentino a fine gara. Amareggiato nel constatare i due limiti più grandi che era riuscito spesso a mascherare dal suo insediamento sulla panchina nerazzurra: detto della stranezza di non mettere in discussione un portiere sotto la media per una squadra campione d'Italia, l'Inter ora sta sperimentando sulla sua pelle quanto era già chiaro ad agosto, ovvero che l'addizione Correa + Dzeko, per peso specifico in zona calda, non può dare come totale Lukaku. Il quale, cosa non trascurabile, è stato il partner perfetto di Lautaro Martinez, esaltandone i pregi e cancellandone i difetti (le pause sceniche nel tabellino marcatori erano una costante anche l'anno scorso).
Sì, perché in questo febbraio nero è il Toro il principale capro espiatorio, anche perché il capitano sul banco degli imputati ci è finito da un pezzo. Il principio e la fine di un'Inter che forse per la prima volta dall'estate turbolenta 2021 ha paura di non riuscire a rivincere lo scudetto perché ha trascurato quel dettaglio non da poco di cui il suo ex trascinatore ha parlato proprio due giorni fa. "Portiere e attaccante non si possono sbagliare" è una massima che vale a ogni latitudine nel mondo del calcio, prove recenti arrivano dall'accantonamento di Romelu Lukaku da parte di Thomas Tuchel al Chelsea o dalla vittoria firmata Kane-Lloris del Tottenham sul fortissimo Manchester City di Guardiola. Non fa eccezione l'Inter, che solo ora si sta accorgendo di aver fatto male i suoi calcoli su Lautaro e Handanovic, troppo discontinui per rappresentare delle certezze in una maratona lunga come la Serie A (uno non è ancora il bomber da 30 gol, l'altro prende troppi gol evitabili). Valutazioni che, al netto di fantasiose proiezioni che prima di domenica davano l'Inter sopra i 90 punti a maggio e di calendari in discesa solo sulla carta al termine del terribile tour de force, stanno complicando non poco la corsa verso la seconda stella.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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