Mancano ancora i 90 minuti di Verona, ma il quinto posto attuale non può essere né migliorabile, né diventare un sesto. E allora si può cominciare a tracciare un bilancio della stagione e cercare di capire da dove e da chi ripartire per rivedere un'Inter in lotta almeno per un posto Champions.

Secondo i bene informati, i sicuri addii riguarderebbero Zanetti, Samuel, Milito, Wallace, Mudingayi, Mariga e Castellazzi. In bilico le posizioni di Campagnaro, Andreolli, Cambiasso, Ranocchia, Alvarez, Guarin e Kuzmanovic. Per quanto riguarda il Cuchu e Campagnaro, molto dipenderà dalla volontà del club. Per tutti gli altri, invece, ci sarà da valutare le probabili offerte che giungeranno in sede: dovessero soddisfare, un sacrificio (se non due) verrà fatto.

Ma il tema del giorno è quello relativo a Walter Mazzarri. Inutile girarci attorno: nonostante le prese di posizione nette da parte di tutta la dirigenza, in molti ancora non danno per sicura la permanenza del tecnico toscano sulla panchina nerazzurra. Questo a causa di una stagione con luci e ombre: mai veramente convincente, ma anche mai veramente deprimente. Insomma, un anno fotografato alla perfezione dal piazzamento finale. Si poteva fare qualcosa di più? Certamente. Si poteva chiudere malissimo? Anche. Ciò che è auspicabile è che ci sia chiarezza all'interno della società. Si tiene Mazzarri? Allora va sostenuto in ogni sua scelta, sia dialettica che di mercato. Sgomberando il campo da pericolosi alibi.

Il merito principale di Mazzarri è forse stato quello di tenere saldo lo spogliatoio anche nei momenti di difficoltà, come dimostra la rimonta sulla Lazio dopo l'iniziale svantaggio e col derby appena perso. L'Inter non è andata alla deriva, nonostante le tante difficoltà. In fondo, la squadra con cui ha cominciato la stagione (priva di Milito, Samuel, Kovacic e Zanetti) era grossomodo la stessa che aveva terminato in maniera indecorosa il campionato precedente. Dunque, non era affatto scontato né mantenere il timone della nave nerazzurra, né condurla in porto in un piazzamento dignitoso, che riflette il momento generale del club.

Il peccato maggiore, al contrario, è stato quello di sperperare tantissimi punti al cospetto di avversari inferiori in gare in cui la vittoria era alla portata. E attenzione: qui non parliamo di previsioni della vigilia, ma dello svolgimento reale che i vari match avevano avuto. Livorno è stato l'apice. Ma anche Bologna (due volte), Catania, Chievo, Sampdoria, Atalanta, Udinese, Cagliari. Tutte gare in cui la squadra aveva posto le basi per il successo che poi non è arrivato. E la classifica, in fondo, dice proprio questo: poche le sconfitte (7), se si pensa a quelle di Napoli (6) e Fiorentina (11), ma troppi i pareggi (15). Al netto delle sviste arbitrali, quindi, c'è questo dato che deve far riflettere. Perché i numeri vanno annotati, ma poi bisogna anche saperli leggere e interpretare.

Si riparta da una spina dorsale forte: Handanovic, Vidic, Kovacic, Palacio. Poi servirà sicuramente rinforzare la rosa con gente di qualità, anche per far fronte all'impegno europeo (ma vanno prima superati i playoff di fine agosto). Vidic è già preso, ora sotto con un esterno, un centrocampista e un attaccante. Da prendere tre potenziali titolari, poco da discutere. Adesso toccherà a Thohir e al nuovo management scoprire le carte e farci capire che Inter sarà. Perché, al di là di Mazzarri, i tifosi viaggiano sulle ali dell'emotività e si aspettano idee importanti, che non per forza devono far rima con milioni di euro. La crisi c'è, ormai abbiamo imparato a conviverci, ma in giro per l'Europa esistono esempi di gestioni intelligenti anche con budget limitato.

L'Inter è tornata ad avere fame dopo i bagordi post-Triplete. La rosa è ampiamente migliorabile, così come il quinto posto di quest'anno. La "raccolta dati" è finita.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 13 maggio 2014 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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