La 16a è stata una giornata di campionato nella quale il fattore campo è andato quasi del tutto a pu***** (mi si perdoni il ricorso ad una prosa cara ad un Silvio che non c'è più...). Non foss'altro che per le 5 vittorie esterne che sarebbero potute diventare 6 qualora i bianconeri non fossero riusciti a succhiare - col Venezia dopo che col Bologna - tutto il midollo dei minuti di recupero, cogliendo a modo loro 'l'attimo fuggente'... E poi per l'effetto degli appena 3 successi casalinghi ed i residui 1+1 pareggi. Ma la ciliegina sulla torta delle conquiste fuori porta non poteva che essere riconducibile all'esito del big match del 16o turno. Per convenzione big, ma non tale evidentemente per quegli 'oscurantisti' di Tuttosport che - alla loro maniera - hanno disapplicato senza alcun pudore la regola aurea di Gianni Brera. Quella che individua la partita clou di giornata attraverso la somma dei punti in classifica delle varie coppie di sfidanti: dunque Lazio ed Inter - con i loro 62 punti complessivi - non avrebbero proprio dovuto temere confronti. Eppure quei redattori non hanno dedicato al big match nessun spazio specifico nell'apertura di prima pagina di lunedì 16. Solo la nuda citazione della gara in calendario, ma recuperabile - alla vista più che alla lettura - esclusivamente con l'uso del microscopio... Anche se, col senno di poi, avrebbero avuto quasi ragione da vendere. Nel senso che, ad un certo punto, la sfida dell'Olimpico sembrava proprio non si stesse nemmeno più disputando, tanto era grande il divario di gioco e di qualità tra i globetrotters nerazzurri ed i malcapitati sparring partner biancocelesti... Salvo, quella redazione, tornare a rivestirsi con panni più giornalistici il giorno appresso per dare conto di un'INTER SHOW DA PAURA. Ma sarà il solito cambio d'abito valevole giusto 24 ore, visto che - come sono soliti dire anche a Sterzing (Vipiteno) - "Finuta la festa, gabbatu lu santu". D'altronde, c'è ancora tanto di quell' 'acido' nelle loro capienti cisterne torinesi da sversare poi sulla carta...
Ma non meno 'tendenziosa' era apparsa anche l'apertura di prima pagina scelta dal Corsport che, nel raccontare della vigilia di Lazio-Inter, si era lasciato andare al solito abuso di termini stantii tipo "trappola" (tesa ai nerazzurri), caldeggiando pure un nuovo scalpo per la collezione di Baroni... Salvo poi aprire con nonchalance, il giorno dopo, con un titolo sui nerazzurri che allo scrivente è parso più ambiguo che celebrativo. Ma "LA STANGATA" de che, visto che nell'immaginario collettivo con quel titolo si ricorderebbe meglio la sua accezione cinematografica di "grande truffa" (quella con protagonisti sul set Paul Newman e Robert Redford), piuttosto che il significato alternativo di "risultato (sportivo) severamente negativo" (cit.) o, peggio, di quello di "pesante e imprevisto salasso di denaro a seguito di inasprimenti fiscali o di aumenti di tariffe decisi dal governo (s. fiscale)" (cit.)? Al che verrebbe proprio da pensare che quell'immarcescibile del direttore di quel quotidiano capitolino, Ivan Zazzaroni - a furia di partecipare a "Ballando con le stelle" - c'abbia quasi preso gusto a 'giocare brutalmente sui doppi sensi' delle parole: specie se da destinare poi a certe aperture sui nerazzurri...
E pensare che avrei potuto battezzare diversamente il post celebrativo sul 'sacco' capitolino portato a termine dall'Inter. D'altronde si fa sempre tempo a seppellire i dirimpettai sotto una meritata mole di battute à la carte o, meglio, da street food. Tipo: "All'Inter Marotta, al Milan maretta..."; oppure riservandole a Fonseca che si sfoga - complice il suo italiano ancora maldestro - alla stregua di Vittorio Gassman nella famosa pellicola 'Audace colpo dei soliti ignoti' col suo mitico (perché sgrammaticato) sbrocco finale: "M'hanno rimasto solo, 'sti quattro cornuti!" Ed, in effetti, Cardinale, Scaroni, Furlani e Moncada proprio in 4 sarebbero... Ibra, invece, è fuori dall'organigramma rossonero, oltre che dalla grazia di Dio, viste sue certe indebite 'appropriazioni di titoli'. Inoltre lo scavezzacollo svedese - con il fegato probabilmente spappolato ed un risucchio gastrico che nemmeno Marco Van Basten... - non ha proprio tempo di star vicino al tecnico portoghese. Per quanto, invece, racconti testardamente "(...) in giro di voler vincere trofei e fare la storia" (Ziliani dixit): con quale squadra poi, non è dato sapere.
Ma altre battute sorgono spontanee, con protagonista sempre il tecnico rossonero, ma più perfide, come: "Fonseca si avvia, mesto, al suo corTHEO funebre, peraltro con un Verona alle porte già storicamente fatale" (salvo poi essere magari 'sconfessato' dal presidente Scaroni, sulla falsariga del giudizio societario per l'arbitraggio di Atalanta-Milan: "Paulo è vivo e lotta insieme a noi"...).
Od ancora potrei giusto evocare almeno un paio di sortite - accomunate dallo stesso focus - riconducibili immodestamente ad una matrice prischiana. La prima: "Ai miei tempi, la Primavera - per una protesta seria - si mandava in campo per intero: ora sembra basti farlo a spizzichi e bocconi...". La seconda, ancora più sagace: "Ai miei tempi, la 'Primavera di protesta' era solo di fede nerazzurra; poi sono sopraggiunte quelle arabe ed infine ha fatto capolino (o capolinea?) quella dell'avventista dell'ottava Champions (Fonseca)...". Od infine, il commento, avrei potuto improntarlo dileggiando subito i biancocelesti con l'evocazione di un'altra pellicola trasmessa proprio la sera di venerdì 13 sul canale IRIS di Mediaset. Ovviamente con un titolo ritoccato per via del sontuoso esito a tinte nerazzurre dello scontro diretto dell'Olimpico: "Dove (RIP)osano le aquile". L'intento sarebbe stato pure bonario, visto il gemellaggio in essere fra le 2 tifoserie. Ma di fronte alle uscite difensive di Ballotta e Lotito - insaputi paladini del novello fair play made in Formello... - che, rispettivamente, hanno cianciato di nerazzurri che avrebbero dovuto evitare di infierire sui biancocelesti o hanno paventato accuse di "lesa lazialità" o di scarsa "sensibilità" nerazzurra, non si può che abbracciare il punto di vista, in merito, di Daniele Adani. Con l'ex nerazzurro che ha fatto notare come "L'Inter (...) non si sia risparmiata e IL MATCH SI ONORI ATTACCANDO FINO ALLA FINE della partita". Ballotta, per dire, si sarebbe dunque dimenticato di accusare anche l'arbitro Chiffi per aver concesso ben 3 minuti di recupero con una gara sullo 0-6 già al 90°...
Ora, essendomi dilungato troppo, salto a piè pari all'epilogo della sfida, costruito con ben "SEI PIETRE DI (un mancato) INCIAMPO... No, perché sentire Simone Inzaghi usare il termine "inciampo" nelle interviste post gara - con riferimento a tutti coloro che avevano dato fiato alla bocca per (tentare di) far lievitare la pressione sui nerazzurri ed, in aggiunta, alle critiche oltre il lecito per la sconfitta di Leverkusen - aveva davvero messo i brividi al sottoscritto. Ma per tutt'altri motivi rispetto a quello sviscerato nelle ricostruzioni giornalistiche di queste ore. Il pensiero di chi scrive era subito corso a ben altro 'ostacolo', ossia alle famose PIETRE DI INCIAMPO... Dunque, anche se non per via diretta, ad un collega di Inzaghi che non c'è più da tempo. Di lui ha scritto mirabilmente Matteo Marani: "(...) aveva conquistato scudetti e coppe. Ben più di tecnici tanto acclamati oggi. [...] Sarebbe immaginabile che qualcuno di loro scomparisse di colpo? A lui è successo". Tra poco più di un mese ricorrerà l'81° anniversario della sua scomparsa nel campo di concentramento di Auschwitz. Penso si sia capito che si voglia commemorare Arpad Weisz, prima giocatore e poi pure allenatore scudettato sulla panchina dell'Inter a soli 34 anni proprio nel primo campionato a girone unico del 1929-30. E se per quel tecnico esistono già delle targhe commemorative (o vie a lui dedicate) in diversi stadi/città italiani delle altre squadre in cui aveva militato/allenato (ad Alessandria, Milano, Novara e Bari), mi piace pensare che anche Weisz, da lassù, avrà forse gioito per il risultato dell'Olimpico. Apprezzando - in luogo di altrettante pietre di inciampo - un omaggio nerazzurro sotto forma di 6 gol proprio nella città (Roma) in cui il destino suo e dei suoi 3 familiari (della moglie e di 2 figli piccoli) fu avviato verso un tragico epilogo con l'emanazione delle leggi razziali...
Oddio, per parlare direttamente dei nerazzurri non c'è più spazio nel post. Ma se i giocatori riempiono gli occhi di appassionati e tifosi con queste celestiali prestazioni, certe letture finiscono con l'essere solo "di contorno"...L'unica eccezione la meriterebbe Simone Inzaghi, per quanto si fosse esposto a delle critiche - anche dello scrivente - per la gestione troppo rinunciataria della sfida in Champions a Leverkusen. Ma per decantare ora le lodi del tecnico piacentino come si farebbe a vestire tout court i panni dell'agiografo (parola grossa!)? Non foss'altro perchè costui - essendo per definizione il narratore della vita dei Santi - poco s'attaglierebbe a descrivere proprio quella di un 'Demone', peraltro in vita ed in ottima salute... E poco importa se quel ruolo può essere associato, più estensivamente, anche a colui che "propende ad esaltare una personalità o un fatto storico" (cit.). Essendo, appunto, la storia nerazzurra in pieno corso, nessuno vuole certo fermarsi per scendere o per scrivere biografie ancora "immature"...
Orlando Pan
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