L’Inter continua a dar fastidio. Nel senso che anche ai quarti di finale di Champions League si è confermata l'outsider di lusso in mezzo alle potenze economiche europee, ma anche perché crea non poche noie a chi la vuole inquadrare nei canoni classici del calcio italiano. Crea sorpresa negli avversari che la devono affrontare e, allo stesso tempo, spiazza i critici che la devono raccontare. Tra giochismo e risultatismo, i due poli opposti sui quali alle nostre latitudini si costruisce la narrazione sulle filosofie di gioco, la squadra di Simone Inzaghi riesce a coniugare le ambizioni a livello sportivo con un’espressione calcistica corale che appaga i puristi della tecnica e della tattica. I nerazzurri non avranno dribblatori in rosa, verissimo e ormai appurato, ma possono contare sul tasso qualitativo sopra la media dei suoi formidabili 'triangolatori', pronti a trasformarsi in vertici, appoggi e sostegni in ogni zona del campo grazie alle relazioni che si creano tra i vari interpreti, i quali vanno al di là del ruolo in cui vengono incasellati all’atto della pubblicazione delle distinte. Ci sono compiti da eseguire, con letture personali ma mai individuali perché rientrano in uno schema più grande, in un meccanismo che prevede determinati movimenti e contromovimenti. Guardare per credere le modalità variegate di palleggio con cui la Beneamata è passata in vantaggio contro il Bayern Monaco all’Allianz Arena: da Yann Sommer fino a Lautaro Martinez, due minuti di possesso palla paziente ma mai sterile, orizzontale ma sempre orientato alla ricerca dello spazio da occupare in verticale funzionale a colpire l’avversario. Altro che difesa e contropiede, che pure è uno stile che negli anni ha prodotto trionfi. "L’Inter dà sempre la sensazione di essere pericolosa", hanno detto in coro i bavaresi, da Thomas Muller fino a Vincent Kompany. Chi si oppone all’Inter non si può mai definire al sicuro neanche quando ha la sensazione di schiacciarla nella propria trequarti, come accaduto martedì nei primi 30’ o in alcuni momenti della ripresa. Il blocco bassissimo, collaudato nei tempi del contismo, è un modo per resistere alla furia nemica che Acerbi e compagni hanno saputo elevare ad arte, un tipo di resistenza che serve a passare il momento critico che nel corso di una partita arriva per forza di cose. Impossibile controllare e dominare per 90', per di più a certi livelli, e a questi ritmi nel contesto di un calendario folle. La predetta strategia, come qualsiasi strategia si rispetti, ha bisogno di vari fattori per funzionare, a partire dalla giusta interpretazione della stessa. Concorrono alla buona realizzazione anche gli episodi, che nove volte su dieci vanno verso chi se li cerca. Il palo di Harry Kane, citato semplicisticamente dai detrattori per tirare in ballo la fortuna, è una occasione facile mancata dal Bayern, che peraltro nasce da un rimpallo che alcuni definirebbero sfortunato. In realtà, basta rivedere i replay per capire che in quella circostanza, sulla fiondata di Jonas Urbig per l’inserimento profondissimo di Leroy Sané, l’Inter era stranamente messa male e, quindi, il recupero difensivo di Benjamin Pavard si è trasformato in un assist involontario per Michael Olise che, saggiamente, ha preferito passarla all'inglese, la cui mira difettosa ha mandato a farsi benedire tutti i discorsi sugli expected goals. I famosi dettagli che spostano la partita da una parte all’altra. In uno sport a punteggio basso come il calcio, un gol cambia le prospettive persino di una qualificazione. Ecco perché essere certi di una sconfitta dell’Inter in caso di 1-0 dell’ex Tottenham è una lettura miope che non tiene conto delle varie controprove. Ad esempio, l'1-1 di Muller arrivato all’85esimo è durato appena tre minuti, con l’Inter brava a credere di poter far male di nuovo agli avversari tenendo fede ai suoi principi. Questa è la forza più grande dell’Inter che, come sottolineato da Bastoni a fine partita, non avrà il talento individuale delle altre big in corsa per vincere la coppa ma che col collettivo può dare fastidio a tutti. Finora ci sta riuscendo alla grande, tanto che nel percorso dell’ultimo quadriennio sono arrivati elogi e soprattutto trofei. Ora spostare il discorso sul 'tutto o niente', parlando della doppia via ‘Triplete'/'zero titoli’, è fuorviante, significa aver capito poco di ciò che sta facendo l’Inter di Simone Inzaghi. Per l'immancabile voglia di semplificare tutto con una banale etichetta.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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