"La mia libertà finisce dove comincia la vostra". Martin Luther King aveva espresso un concetto (già presente nelle teorie kantiane) di una potenza inaudita, che andrebbe applicato a ogni singolo centimetro del vivere comune. Anche nel contesto di uno stadio. Ieri sera al Meazza è accaduto qualcosa di particolarmente grave, segnalato da più di un testimone oculare se non addirittura protagonista suo malgrado. Nel corso del primo tempo di Inter-Sampdoria, nel secondo anello verde, quello che ospita la Curva Nord nerazzurra, è calato il silenzio. Motivo, l'agguato omicida al 70enne Vittorio Boiocchi, storico capo ultrà. La tifoseria organizzata ha deciso così, in segno di rispetto nei suoi confronti, di interrompere i cori e far sparire ogni forma di coreografia. Poi, lo step successivo, il più tranchant: lasciare il settore e l'impianto. Una scelta che però non ha riguardato solo i membri della Nord, ma anche altri spettatori che ignari di quanto sarebbe accaduto avevano comprato il biglietto proprio nel secondo anello verde e volevano semplicemente vedere una partita della loro squadra del cuore, magari dopo chilometri macinati per essere sul posto. Numerose le segnalazioni in tal senso, raccontate scene ben poco edificanti di persone, di famiglie con bambini, costrette in modo anche irruento ad andarsene dal settore, contro la loro voglia, solo perché gli ospiti abituali avevano deciso così. Nessuna possibilità di trattare o ribellarsi, anche perché, chiariscono i testimoni, da parte del servizio d'ordine c'è stato ben poco supporto. E tra la paura e l'incredulità molti tifosi hanno dovuto chiudere anzitempo la loro serata.
Chi scrive era allo stadio ma ha visto solo a distanza quanto accadeva. Il secondo anello verde si è svuotato ed è rimasto così per il resto della partita, sembrava la classica forma di protesta della Curva. E al di là del fatto che il supporto per l'Inter non dovrebbe mai mancare, a maggior ragione se l'intento è onorare uno storico capo ultrà, quanto emerso successivamente è motivo di netto biasimo. Difficile ipotizzare che così tante persone abbiano inventato di sana pianta l'intimazione a lasciare il proprio posto a sedere. E l'episodio meriterebbe ulteriori indagini, anche e soprattutto da parte del club nerazzurro che dovrebbe tutelare qualunque proprio sostenitore subisca un atto di ingiustizia o violenza dentro il Meazza. Nell'attesa che qualcosa si muova (e pare che la società si sia già attivata), è lecito fare chiarezza sul punto di partenza di ogni discorso.
La Curva Nord è l'anima del tifo nerazzurro, qualunque spettatore ne apprezza i cori e il sostegno quasi incondizionato alla squadra. Poi le coreografie, alcune sono meraviglioise e finiscono dritte nella galleria fotografica dei presenti. Insomma, quel settore è la classica anima della festa. Non è questo il luogo adatto per elencare anche i contro, in passato si sono verificate situazioni che hanno un po' spezzato l'idillio, portando alla nascita del concetto di tifosi di Serie A o di Serie B. L'idea che non andrebbe mai persa di vista è che, a prescindere dall'assiduità della propria presenza e dai sacrifici che si accettano per sostenere l'Inter ovunque, ognuno è libero di tifare come meglio crede senza la distribuzione di patenti. E ogni manifestazione di tifo è personale, perché viene filtrata dalla propria personalità. Ce ne sarebbero di trattati di psicologia da chiamare in causa in tal senso. Fare distinzioni quindi è pura banalità, non porta a nulla di positivo e non tiene conto delle numerose variabili che agiscono nell'espressione della propria passione calcistica. Poi, ragionando terra terra, l'Inter ha storicamente un DNA folle e non c'è nulla di meno inquadrabile come la follia. Viva la Curva Nord quando sostiene l'Inter (e non sé stessa), viva tutti i tifosi nerazzurri, dal pessimista all'inguaribile ottimista, dall'entusiasta al maicuntent.
Doverosa premessa, per evidenziare come non sussistano preconcetti in questa riflessione. Partendo dall'assioma di Martin Luther King, è evidente che, in attesa di auspicabili smentite, ieri alcuni membri della Curva Nord (non tutti, ovviamente) abbiano superato il limite della propria libertà. Libertà di non tifare e di uscire dallo stadio in segno di rispetto o protesta per un tragico episodio che riguardava loro, non l'Inter in sé. Imponendo ad alcuni tifosi di fare altrettanto contro la loro volontà, ne hanno invaso la sfera di libertà perdendo così ogni diritto a esercitare la propria e commettendo così un atto illecito oltre che ingiusto. Per fortuna non c'è stata alcuna violenza fisica, ma la minaccia di potersene servire solo per raggiungere il proprio obiettivo non è tanto distante dall'esecuzione della stessa. Anche per questo è il caso che chi di dovere faccia luce su quanto accaduto, mantenendo in vita ogni possibile verità e senza sentenze anticipate. E il Ministro dello Sport Andrea Abodi ha già prennunciato una valutazione dei fatti.
Tifare l'Inter è sempre un piacere, farlo con costanza, passione ed empatia un atto di gioia (viva la CN sotto questo aspetto). Ma decidere per gli altri contro il loro consenso è solo una forma di prevaricazione.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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