La quinta giornata dell’edizione della Champions League più stramba di sempre sembra sia stata scritta da uno sceneggiatore amante delle citazioni prese in prestito dagli ultimi anni di Coppa dell’Inter. Il ritorno a San Siro di Marco Rose, per esempio, a qualcuno avrà riportato alla mente il precedente dell’ottobre 2020 tra i nerazzurri e il Gladbach, un 2-2 preso per i capelli dalla squadra di Antonio Conte per inaugurare un girone concluso mestamente all’ultimo posto, addirittura alle spalle dello Shakhtar, con appena sei punti fatti. Un esilio continentale che arrivò qualche mese dopo la finale di Europa League, giocata da squadra retrocessa, e persa contro il Siviglia. Insomma, fu un biennio avaro di soddisfazioni oltreconfine, contraltare di un secondo posto e di uno scudetto vinto trionfalmente in Serie A.

E’ con lo scudetto al petto che è ripartita per davvero la storia europea della Beneamata, scritta con caratteri più internazionali dal successore di Conte: Simone Inzaghi. Al primo colpo, la creatura del demiurgo piacentino si spinse fino agli ottavi di finale, Colonne d’Ercole mai superate dall'Inter dopo il 2012. Quel famigerato doppio confronto con il Liverpool che costituisce ancora oggi il più grande rammarico nella carriera milanese del Demone, il turning point di un’annata in cui lo stesso si macchiò del peccato originale perdendo il testa a testa tricolore col Milan. Una colpa che qualche tifoso non finisce di rinfacciargli, nonostante le varie coppe messe in bacheca in tre stagioni e un pezzo. Risultati che sono nati da quella delusione atroce ma anche dall’essersi misurati alla pari sia con i Reds che con il Real Madrid, all’ora finaliste della competizione, ieri avversarie per stabilire i destini in questo torneo (Slot ora è primo, il Real addirittura 24esimo). Ecco un altro rimando dell’autore occulto di questo turno di Champions che ha messo l’Inter ai piani altissimi della maxi-classifica e il Manchester City ai playoff, fuori dalle prime otto, a testimonianza di un periodo nerissimo per Pep Guardiola. L’inizio e la fine per l’Inter, Istanbul e il giorno 0 nella nuova era del calcio. Lo zero, quel numero che contraddistingue l’Inter come eccezione a una regola: Sommer e compagni, infatti, sono l’unica squadra tra le 36 in concorso a non aver subito gol dopo 450 minuti più recupero. Un record che fa impressione più dei punti totalizzati e che permette di immaginare l’Inter già nella fase a eliminazione diretta, quella dove la differenza tra reti fatte e subite determina un passaggio del turno o un’eliminazione. Nella passata stagione fu fatale un gol preso all’87’ da Memphis Depay prima dei maledetti rigori che mandarono avanti l’Atletico Madrid. Un gol subito da una squadra stanca, che si era abbassata non per scelta sua ma per la spinta degli avversari, dopo una serie di occasioni sciupate tra andata e ritorno. Qui è il punto: una retroguardia, anche ermetica come quella dell’Inter, non può vincere una partita da sola. Serve più cinismo nell'altra metà campo da parte di tutti quelli che si presentano davanti alla porta, non solo gli attaccanti. Solo per nominare le partite di questa campagna europea, l’Inter ha vinto con l’Arsenal grazie a un rigore, con il Lipsia per via di un autogol e ha battuto lo Young Boys al 93’ dopo aver fallito un tiro dagli undici metri. Se si eccettua la goleada con la Stella Rossa, l’Inter ha sempre vinto di corto muso, almeno a livello di punteggio. A volte massimizzando quanto prodotto, altre non rendendogli giustizia. La costante resta il gioco degli anni inzaghiani e il fatto che l’Inter, a parte la parentesi italiana del 2022-2023, sia una squadra difficile da battere. E’ una base solida per pensare di poter tornare a giocarsi un’altra finale di Champions per cambiare l’esito di quella del 2023. Solo tre anni fa era utopia parlare di finale, figuriamoci di due in tre stagioni. Oggi il documento d’identità dell’Inter, dal ranking ai recenti risultati in Coppa, dice che ci sono tutti i requisiti per provarci. Nel caotico format della Champions, studiato dalla UEFA per aumentare spettacolo e incertezza, si aggira lo spettro del cortomusismo. 

Sezione: Editoriale / Data: Gio 28 novembre 2024 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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