Manca un mese all'inizio del campionato e una quaresima al gong che sancirà la fine del calciomercato italiano, le prime scadenze per tracciare un bilancio parziale sul lavoro svolto dagli allenatori relativamente alle prove tattiche e dai vari in club in sede di trattative. L'attualità, però, impone di parlare da subito di calcio giocato, quello che viene venduto come antipasto delle partite che contano, la cui attesa non provoca piacere ma straniamento. Il coinvolgimento emotivo dello spettatore non cinese di fronte a uno Juve-Inter giocato a Nanchino, a 30 gradi con l'umidità che supera l'80 per cento, infatti, è prossimo allo zero perché al massimo c'è in gioco la 'faccia', nient'altro. Non il prestigio, non l'onore né la storia. Il tifoso medio, mentre guarda in tv 22 giocatori nell'acquario cinese, sa che comunque vada sarà un insuccesso per il concetto stesso di amichevole. L'unica speranza che conserva è che la sua squadra, in questi test match giocati con gli ombrelloni ancora aperti, non prenda la classica imbarcata, tanto, poi, che perda o vinca, è sempre pronto a sfoggiare la frase più gettonata: "è solo calcio di luglio".
A questo stato mentale da vacanza, però, se ne aggiunge un altro più analitico: l'azione sul rettangolo verde, acqua nel deserto per milioni di appassionati che mangiano la sabbia del mercato per i restanti giorni che separano la fine di una stagione all'inizio di quella successiva, viene vivisezionata chirurgicamente come se fosse una finale di un Mondiale. Con il rischio concreto di affrettare giudizi su volti vecchi e nuovi della rosa che richiederebbero la prova del tempo per essere emessi con un minimo di credibilità. La decontestualizzazione dei novanta minuti per sorprendersi di quell'acquisto sottovalutato o per bocciare l'altra new entry arrivata con gli squilli di tromba è l'esercizio preferito di molti giudici dei social o dei salotti tv. In pratica, il discorso del sogno derivante dell'ammaliante letteratura del calciomercato finisce subito per scontrarsi contro l'effimera realtà di uno stralcio di partita che non ha valore assoluto ma che è allo stesso tempo l'unico metro di paragone per giudicare un giocatore prima che si alzi il sipario sulla prima gara ufficiale.
L'esempio di questo cortocircuito è stato offerto ieri da Matthijs de Ligt, protagonista di un autogol fantozziano che ha permesso all'Inter di passare in vantaggio nel derby d'Italia giocato a casa Suning. Un biglietto da visita che stride fortemente con il vissuto di un ragazzo giovane ma già esperto che Mino Raiola aveva definito solo una settimana prima: "Vicino a Nedved per mentalità e a Ibrahimovic per ambizione". L'agente che fa ombra al proprio assistito, lo stesso procuratore acclamato come una star, con tanto di cori dedicati (Mino, Mino, Mino...), da parte dei tifosi bianconeri presenti davanti al J-Medical per l'ex Ajax. E' anche questo, purtroppo, il calcio estivo, quello delle prime impressioni che contano più delle giocate fatte un minuto dopo e ripetute ancora. E' il momento in cui si pende dalle labbra degli esperti di mercato, che hanno il potere di creare un loro mondo grazie a trattative fantasiose, salvo poi venir smentiti dai fatti che accadono in quello reale. E mentre la mente corre a immaginare moduli impossibili per giocatori ancora non acquistati, ecco che l'affare salta improvvisamente all'ultimo e il tutto assume le sembianze di una gran perdita di tempo. Il tifoso vive in un limbo fatto di formule magiche come 'blitz', 'piste calde', 'accelerazioni', 'brusche frenate', 'fumate bianche' che deve imparare a decifrare mentre si fa un'idea sulla rosa che il suo club sta costruendo. A volte esulta troppo presto per qualche cessione non ancora andata in porto, altre brinda ad acquisti non ancora realizzati, più in generale si immagina ottimisticamente che gli obiettivi migliori prospettati dai giornalisti approdino nella squadra del proprio cuore. In questa distanza di significato tra tifoseria e società che i media cercano di avvicinare non sempre con grande abilità si inserisce l'allenatore, il vero soggetto in grado di determinare le ambizioni della sua squadra dando un occhio al materiale a sua disposizione e a quello che potrebbe avere in mano.
Non fa eccezione in questo senso Antonio Conte, da sempre schietto nel fissare gli obiettivi più realisticamente raggiungibili per la propria squadra: "Per quanto riguarda il mercato e per i nomi che circolano penso che saranno fatte delle riflessioni e saranno prese delle decisioni per il bene dell'Inter, tenendo conto di tutto, anche del Fair Play Finanziario, non solo del campo - ha spiegato il tecnico leccese in conferenza stampa martedì dopo il summit tenutosi alla presenza di dirigenza e proprietà -. C'è bisogno di tempo per creare una base solida per portare il club al livello a cui compete. I cambiamenti che sta portando la nuova proprietà sono sotto gli occhi di tutti. Certo che le decisioni possono spostare l'ago della bilancia e anche le aspettative". Il fatto che l'ex manager del Chelsea abbia pronunciato la parolina tabù non è da leggersi come la costruzione di un alibi, semmai è una puntualizzazione sul fatto che il suo lavoro potrebbe essere rallentato da questo ostacolo non dipendente dalla sua persona. Che anzi vuole andare oltre i limiti di una squadra che negli ultimi anni ha viaggiato tra mediocrità e appagamento per dei piazzamenti al fotofinish, plasmando una nuova mentalità da subito, anche se in palio non ci sono i tre punti. "Perdere ci deve portare sempre a rosicare, anche se ai rigori e in una partita amichevole. Se abbiamo questo sentimento – noi, lo staff tecnico e i dirigenti - significa che stiamo costruendo qualcosa di importante. La sconfitta ci deve far rosicare", il messaggio indirizzato all'ambiente da King Antonio dopo la sfida al suo passato. Una chiamata a raccolta di tutte le componenti che non è casuale: per smettere di rosicare non basta provare quella sensazione dopo un ko, bisogna cominciare a coltivare il concetto di vittoria dentro e fuori dal campo. Iniziando a pensare che la 'mano' di Marotta debba cominciare a intravedersi esattamente quella di Conte. Nel frattempo, 'rosicare è l'unica cosa che conta' di fronte a ogni tipo di insuccesso.
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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