"Amami o faccio un Caicedo" è una delle frasi che più è spopolata sui social nelle ultime ore, dopo il passaggio di Felipe Caicedo dal Genoa all’Inter. Frase questa rivisitata di “amami o faccio un casino” della canzone di Coez che altresì ben si concilia con quell’ormai tradizionale “Amala” di cui non è necessario perdersi in generalità. E chissà che non sia proprio questa la frase utilizzata da Simone Inzaghi per convincere l’ecuadoriano a tornare sotto la sua ala protettrice.

Anche se a sentir parlare il nuovo 88 nerazzurro l’opera di convincimento non sembra esser stata così difficoltosa:
“Ringrazio prima di tutto Mister Inzaghi che ha fatto di tutto per avermi qui. Sono molto contento e non vedo l’ora di cominciare ad allenarmi e a giocare con l’Inter”, tra le prime cose dette dell’ex Lazio presentandosi ai nuovi tifosi che in quarantott’ore sono stati catapultati in un mondo praticamente parallelo rispetto alla scorsa finestra di mercato.

Com’è corruttibile l’animo umano direbbe qualcuno. Un titolo di campione d’inverno, una qualificazione agli ottavi di Champions League, una Supercoppa e un gioco da calcio-champagne sono bastati a provocare una ritirata dei disfattisti degna di Caporetto. Nessuna truppa tedesca da fermare questa volta per i nerazzurri però, che sebbene la concorrenza spietata dei germanici del Borussia Dortmund nella corsa a Gianluca Scamacca, questa a quanto pare ben sbaragliata vista la scelta del centravanti neroverde che avrebbe già pronunciato il suo sì all’ad interista Beppe Marotta. Ma questa è un’altra storia e al contrario di Caporetto quello dei giorni scorsi è un ritorno al passato che parla di un ricongiungimento Italia-Germania che sa di romantico come rispolverano alcune delle vecchie leggende interiste che hanno avallato e benedetto l’acquisto del connazionale Robin Gosens. Il tutto con buona pace di Cremonini, per una volta bastian contrario: perché l’ex atalantino, nella scelta di cambiare nerazzurra lombarda, è tutto fuorché solo.

Se in questo mondo di eroi di Cesare, nessuno vuole essere Robin, nel mondo di anti-eroi in cui tutti baciano la maglia salvo poi scappare in quattro e quattr’otto dall’altro lato d’Europa con tanto di spiegazioni potenzialmente discutibili, quello di cui c’è bisogno sono più Robin.

Il tedesco senza giri di parole e con umiltà e altresì rispetto degli a atalantini ammette: “È un grande orgoglio perché sono arrivato in una delle squadre più grandi in Europa”, parole e scelta benedetta anche dall’ad della Dea che con tanto di riconoscenza saluta il classe ‘94 con parole al miele: “Robin è un ragazzo che ha dato tanto, che aveva la speranza e l'ambizione di andare in un grande club: penso se lo sia strameritato”. Un po’ come i due regali del duo Marotta-Ausilio ai tifosi e al tecnico Inzaghi, che ha fatto di tutto per averli a Milano, soprattutto sul campo in questi primi sei mesi nerazzurri. Regali strameritati.
Sezione: Editoriale / Data: Dom 30 gennaio 2022 alle 00:10
Autore: Egle Patanè
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