L'Inter esce dal Bluenergy Stadium con tre sudati e pesantissimi punti. Questo è un fatto. E lo fa con tre gol segnati, di cui due firmati da Lautaro Martinez. E questo è un altro fatto. Ma del match in casa della squadra di Runjaic gli atti e i fatti sono più di un paio. I campioni d'Italia tornano a Milano dopo essersi sbarazzati di peso e imbarazzo che i cugini del Milan nel derby dello scoro turno hanno inflitto mettendo a referto un inizio stagionale più che semplicemente complesso. Una vittoria che sgrava non di poco i nerazzurri che in quel di Udine, pur dicendo qualcosa a classifica e avversari, mettono in evidenza sul taccuino qualche appunto da approfondire nelle prossime settimane di lavoro. 

Se è vero che la squadra ospite segna un gran gol in apertura con Davide Frattesi che trova, al 43esimo secondo, il gol più veloce di questo campionato testimoniando l'ottimo approccio alla gara che rivitalizza i nerazzurri dopo il doppio brutto approccio coi rossoneri, altrettanto vero è che ne prende uno al 35esimo e un altro, ancora, nel finale. Gol che si sarebbero potuti e dovuti evitare e che invece arrivano uno ancora da palla inattiva (come il secondo dei due gol segnati dal Milan e gol fotocopia di quello subito a Monza) e uno che arriva negli ultimi dieci minuti di match, presentando un altro dato che si ripropone. Entrambe mettono in evidenza un assopimento e ancor più un posizionamento che la dice lunga sul rendimento della difesa nerazzurra, evidentemente in affanno e indietro rispetto alla scorsa stagione e che fa e deve far nascere qualche interrogativo e analisi. Ma... "l'anno scorso è stato talmente bello che non penso sia corretto definirlo la norma. Abbiamo giocato in maniera eccezionale" ha detto Bisseck in conferenza post partita mandando volutamente e non uno scossone agli inevitabili paragoni con l'anno scorso. Una pretesa che i nerazzurri comprensibilmente iniziano a reclamare alla luce di sei giornate iniziali che hanno dipinto un quadro piuttosto variegato, fin qui più equilibrato e meno netto rispetto al capitolo precedente della Serie A ma che non può eclissare le mancanze e difficoltà che la squadra di Inzaghi ha avuto: in fase difensiva quanto davanti alla porta. 

Nel secondo caso è mancato, rispetto allo scorso anno, prima di tutto Lautaro Martinez che nelle cinque giornate che hanno preceduto la trasferta friulana non ha mai sottoscritto il tabellino. Una mancanza che ha, mano ai numeri, penalizzato non di poco la squadra di Inzaghi che ha dimostrato sì di poter contare su un variegato catalogo di soluzioni, ma ha contamporaneamente mostrato di contare sul suo diez in maniera tanto, troppo ombelicale a tratti quasi edipica. Ma che delle difficoltà in avanti riscontrate dalla Beneamata non è l'unica. I nerazzurri costruiscono, aggrediscono, creano, e concludono, il problema è che quando concludono non sempre lo fanno bene, faticando a trovare se non la porta, di sicuro il gol. Errori negli ultimi venti metri tecnici, di scelta, individuali e in qualche ingranaggio che mandano nel bidone dell'umido occasioni nitidissime che nel lungo periodo corrono il rischio di tramutare in punti mancanti in classifica e che al tramonto della sesta giornata non possono più passare come casuali. Dato che poi i milanesi 'cancellano' mettendo a referto tre gol all'attivo che contano una doppietta di Lautaro. Lo stesso che poco dopo il guizzo di Frattesi ha divorato un'occasione che difficilmente non comparirà con ricorrenza nei suoi pensieri. Il Toro non si dispera e stavolta riesce a non mancare all'appuntamento che più ha atteso in questo lungo e interminabile mese e rotti: con cuore e rabbia l'argentino si prende carico della sua Inter e segna un primo e un secondo gol: il primo quasi fatale, se non nelle intenzioni, quel tanto che basta lo è sul rimpallo; il secondo da capitano, di garra, corazon, alma y cabeza come a dire 'non è casuale, sono qui e sono tornato'. Ed è proprio così che l'Inter si ritrova, dal e col suo capitano in un pomeriggio grigio, piovoso, scivoloso e ingannevole su un campo storicamente ostico e contro un avversario in splendida forma. 

Un ritrovamento che parte però da Davide Frattesi, il 'dodicesimo' uomo più prezioso dell'intera Serie A, per la seconda volta titolare in stagione e chiamato al non semplice compito di non far sentire la mancanza dell'imprescindibile Nicolò Barella. Il sardo ieri contro l'Udinese ha saltato la prima partita dopo quattro anni. L'ultimo stop in campionato risale alla trentesima giornata della stagione 2019/2020. Da allora, il 23 dell'Inter ha saltato in campionato dieci partite in tutto, di cui cinque per squalifica. Una pressione che il '99 romano non sembra aver avvertito e che di cui, nel caso sia mai comparsa, si è sbarazzato quarantatre secondo dopo il fischio di Sacchi. Primo timbro stagionale per l'ex Sassuolo che nella vecchio Friuli trova, ritrova e fornisce risposte. Il 16 con lo Scudo cucito sul petto riprende un filo lì dove lo scorso anno ne aveva lasciato una cima e proprio lì dove all'ultimo respiro di una partita dalle mille insidie aveva messo in rete un gol dal peso di piombo ne imbuca un altro altrettanto gravoso. Un gol, non all'ultimo, ma al primo respiro, che paradossalmente scioglie incredibilmente i nerazzurri da un'altrettante ponderosa zavorra, togliendo il freno e mettendo in discesa una strada che sembrava non voler mai cambiar pendenza. Partita da sorrisone finale per il centrocampista venticinquenne che con soliti educazione, ironia, lavoro e umiltà sussurra più di qualcosa all'orecchio di Simone Inzaghi. Sussurri che l'allenatore piacentino di certo non ode oggi per la prima volta ma che soprattutto oggi sentirà ronzare tra i già affollati ma finalmente riaddolciti pensieri che lo accompagneranno già da stanotte in vista della Stella Rossa e che lo accompagnerà anche quando ritroverà il suo imprescindibile Barella.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 29 settembre 2024 alle 00:00
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
vedi letture
Print