Così no. Francamente no. E la cosa buona è che so per certo che lo stesso sentimento è condiviso da Inzaghi e dalla squadra. Così non si può giocare un derby. E non diciamo "perdere" ma "giocare". Perché nel calcio si può perdere con chiunque, ma l'atteggiamento non può mancare. E invece contro il Milan la grande sconfitta è stata quella di non vedere in campo la vera Inter. Irriconoscibili quasi tutti: tolti Dimarco e per certi versi Lautaro e Bastoni (ovviamente Sommer), il resto è stato un pianto. 

È mancata la testa, "vuota" come ha detto Inzaghi a fine match. E non è ammissibile a questi livelli. La sensazione è che in campionato l'Inter sia rimasta ancora ai festeggiamenti di aprile-maggio. Tutto molto bello, per carità, ma si riparte da zero. I segnali c'erano già stati con il Genoa, in parte con il Lecce, sicuramente a Monza. Con il Milan la cosa è diventata palese: manca l'attitudine corretta. Manca la ferocia. Manca, in poche parole, la voglia che fa tutta la differenza del mondo. Perché questa è una squadra che non ha Mbappé, non ha Messi. Tutto quello che ha è la voglia di darsi una mano e far parte di un meccanismo che, quando gira, è devastante. Ma si tratta, appunto, di lavoro. La prestazione di Manchester non può essere un caso.

La speranza è che il gol di Gabbia sancisca in maniera definitiva la fine dei festeggiamenti per la seconda stella e dia una svegliata a chi, di certo inconsciamente, è ancora con testa e cuore al tricolore. Che è il passato. E, come ha detto Inzaghi alla vigilia del derby, i bei ricordi non fanno gol e non portano punti. Perché così no. Così proprio no. Mai più.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 24 settembre 2024 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni
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