Guarda mamma come nel 2022. Chi, alla notizia dell'infortunio alla mano di Sommer, non l'ha pensato scagli la prima pietra.

Nel bel mezzo di una lotta scudetto di cui l'Inter non riesce a prendere controllo e totale possesso e all'indomani di un ko in casa della Juventus che ha mandato alla squadra di Inzaghi inequivocabili segnali di una rotta necessariamente da cambiare, i campioni d'Italia, secondi in classifica al Napoli, perdono uno dei loro indiscussi leader: Yann Sommer. Numero uno di Inzaghi non solo per cifra sulla maglia, ma anche e soprattutto per minutaggio, responsabilità, fiducia, solidità. Non è d'altronde un caso che ogni degno figlio della vecchia scuola di portieri parla di una contemporaneità di calcio totalmente differente dal passato per via di distanze che partono in primis da ruolo e compito dell'estremo difensore che nel calcio di oggi interpreta il gioco in maniera decisamente più attiva e propositiva, nell'accezione più pura del termine. 'Il gioco parte dal portiere', che oggi come prerogativa numero uno nella lista delle qualità tenute sotto osservazione dai talent scout deve avere la tanto inflazionata etichetta di 'bravo coi piedi'. Insomma, giri di parole per dire quanto il portiere sia fondamentale nello sviluppo di gioco, dunque nella prestazione di una squadra che trae la sua serenità e fluidità di gioco anche e soprattutto dal suo numero 1.

Numero uno che ieri all'Inter è mancato e mancherà per un po' e che per uno strano, anche struggentemente romantico, segno del destino ha visto l'inaspettato esordio di Pep Martinez contro il suo ex Genoa. L'estremo difensore spagnolo si presenta al popolo nerazzurro, per la prima volta in Serie A dopo il first day in assoluto contro l'Udinese in Coppa Italia, e anche di fronte al suo più recente passato: quello salutato per un affare di 15 milioni (il prezzo pagato dall'Inter al Genoa per il cartellino) di cui i nerazzurri non hanno ancora goduto e che per la prima volta possono giocare la loro prova del nove. Una prima carta da calare per lo spagnolo che con l'assenza dello svizzero potrà approfittarne per mettersi in una vetrina che osserverà Inzaghi stesso che potrà giovare di questo test d'obbligo per avere risposte anche in ottica dei futuri provini da indire per il ruolo in questione. Test che, per incisione, atteggiamento e personalità, l'ex rossoblu supera brillantemente imponendosi come protagonista di una partita che alla fine porta il suo nome, e non solo metaforicamente. 

Occasione che, sfortunatamente per lui, non è riuscito a sfruttare parimenti il compagno di squadra all'estremo opposto del campo, Joaquin Correa, costretto a lasciare il match al termine del primo tempo per un trauma distorsivo al ginocchio sinistro che lo ha obbligato al forfait dopo una titolarità che mancava da tanto e che arrivava peraltro al ritorno dall'infortunio che lo aveva tenuto lontano dal rettangolo verde per oltre trenta giorni. Una giornata che sembrava cominciare bene per il Tucu, primo a spuntarla nel ballottaggio per sostituire il Tikus, e invece finita sotto la scia di una sfortunata cometa che dalle primissime valutazioni sembra preannunciare un altro complicato periodo all'orizzonte.

Complicazioni che sembrano riflettersi anche sul risultato di un match che non decolla nel primo tempo tantomeno nei primi venticinque minuti e rotti del secondo, quando a graffiare la serata è, al contrario, con un'unghiata da protagonista proprio Pep Martinez, che strappa il match con il primo grande intervento della serata e, con apertura alare da pipistrello s'impone con tutto il corpo su una schiacciata di testa di Ekuban, strappa all'italo-ghanese un gol già fatto che vale un punto e mezzo per la compagine di Inzaghi. Paratona che salva l'Inter da un improvviso guizzo della squadra di Vieira presentatasi straordinariamente con fare minaccioso dalle parti di Pep incutendo all'intero Meazza un brivido apnòico che ha fatto, per un attimo, temere il peggio. Al quarto d'ora dal triplice fischio, nell'inchiodata serata di San Siro sembra arrivare una glaciale brina da ovest che ricorda il weekend precedente e l'improvvisa crescente frizzantezza degli ospiti allerta i cuori nerazzurri che iniziano a sussultare. Ma da Martinez a Martinez, la serata è presto scritta.

E se uno tiene in piedi l'equilibrio, l'altro lo spezza indirizzando la strada sul binario dei tre punti e su corner di un freschissimo Calhanoglu, partito dalla panchina e subentrato ad Asllani qualche minuto prima, il Toro di Bahia Blanca svetta in alto e più forte di tutti. Quando l'Inter chiede aiuto, Lautaro risponde e a tirar fuori dalla pericolosissima impasse nella quale si stava cacciando la sua Beneamata è il solito capitano dal dieci sulle spalle e con senso di dovere e voglia di determinare strappa partita, record e brutti sogni e con una provvidenziale deviazione batte Leali mettendo la partita su un 1-0 che distende i nervi di un complicatissimo, durissimo, asprissimo, sporchissimo quanto importantissimo match e consegna il successo ai campioni d'Italia. Una serata nel segno del diez per il Martinez argentino che trova il primo gol contro i rossoblu e segna il decimo gol stagionale in campionato, diventando il primo giocatore straniero della storia dell'Inter ad andare in doppia cifra per sei stagioni differenti. E nella serata dai pesanti macigni, al 'guarda mamma come nel 2022' da un estremo all'altro del campo sono i Martinez a scagliare la prima pietra.

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Sezione: Editoriale / Data: Dom 23 febbraio 2025 alle 00:16
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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