Eppure, il delitto perfetto stava riuscendo. Un’Inter rammendata alla bene e meglio da Simone Inzaghi dopo le ennesime uscite per infortunio e costretta praticamente ad accettare il fatto di dover rimanere all’angolo e parare i colpi di un Napoli inferocito, spinto dalla voglia di evitare la seconda sconfitta consecutiva che avrebbe rappresentato un’autentica mazzata psicologica e dall’onda degli oltre 50mila presenti al Maradona, stava portando a casa tre punti che avrebbero potuto davvero significare tanto, immeritati finché si vuole ma la storia del calcio è piena di vittorie arrivate chissà come. Però la storia, o la fortuna, questa volta hanno deciso di voltare le spalle ai nerazzurri, pensando che forse sarebbe stato davvero troppo: e allora, la miracolosa parata di Josep Martinez si è trasformata in un assist per Phillip Billing che altro non deve fare che ribadire in porta da pochi metri iscrivendosi al lungo elenco dei giocatori che trovano contro l’Inter la gioia della loro prima volta col gol.

Napoli e Inter sembrano ormai avere sottoscritto l’abbonamento all’1-1: dopo la spettacolare vittoria all’ombra del Vesuvio nell’andata della scorsa stagione da parte degli uomini di Simone Inzaghi, non si è mai andati oltre l’opzione ‘Gol+Under 2,5’. E anche questa volta non si è usciti dal suddetto copione: un pareggio che qualcuno magari poteva definire scritto in partenza, tra due squadre che non stanno certamente vivendo il proprio periodo migliore dal punto di vista della tenuta fisica, che comunque avrebbero visto cambiare di poco il loro status qualunque fosse stato il risultato visto che ancora c’è un bel po’ di strada da fare e ci sono un bel po’ di partite da affrontare, roba detta e stradetta da chiunque in questi giorni. Pareggio arrivato al fine di una gara che, come si dice in questi casi, non è stata bella ma intensa, e che lascia sostanzialmente un po’ di retrogusto amaro in bocca a tutti: al Napoli, perché se magari quel gol fosse arrivato qualche minuto prima la storia sarebbe stata probabilmente un’altra; ma anche all’Inter stessa perché nonostante un intero tempo in apnea dopo una prima frazione giocata comunque in modo discreto, gli stucchevoli (cit.) episodi verificatosi nelle ore precedenti al match (ironizzando si può dire che, vista la partita giocata ieri, Lautaro Martinez ha deciso salomonicamente di ‘autosqualificarsi’ in campo lasciandosi fagocitare da Alessandro Buongiorno), i tre punti clamorosi erano distanti appena otto giri di lancetta.

Tacendo in maniera ossequiosa, per la regola aurea che recita: ‘Una parola è troppa e due sono poche’, sulla direzione di gara decisamente pessima di Daniele Doveri, contraddistinta da due calci di rigore clamorosamente non assegnati, uno per parte, e da una serie di dimenticanze legate a cartellini o a falli netti sui quali ha colpevolmente lasciato correre, da questa serata si può trarre un’indicazione su tutte, che prescinde da eventuali lacune tattiche o da un atteggiamento troppo rinunciatario palesatosi nella ripresa, sui quali comunque chi di dovere rifletterà: l’Inter, ormai, viaggia all’unisono con la legge di Murphy. Troppa grazia, forse, la punizione fatata calciata da Federico Dimarco, una pennellata col sinistro nello stadio dedicato a chi, col sinistro, dipingeva il calcio nelle sue forme più auliche. E allora, ecco arrivare in un colpo solo l’ennesimo problema per Hakan Calhanoglu, colpito duro da Scott McTominay ad inizio partita, e soprattutto quella notizia che mai sarebbe dovuta arrivare, viste le condizioni nelle quali Inzaghi ha preparato questa partita, e invece…

Al minuto 50, esce proprio Dimarco, quasi l’ultimo castigo di Eupalla: l’unico esterno effettivo a disposizione di Inzaghi, escludendo i teneri Mike Aidoo e Matteo Cocchi in panchina per onore di firma, fuori gioco con praticamente un intero tempo ancora da disputare. Da quel momento lì, se non scoppia il panico poco ci manca: nella mente di Inzaghi, scioccato da quanto la sorte sia stata cattiva nei suoi confronti, che un po’ offuscato dalla forzata sostituzione impiega il suo bravo tempo a riordinare le idee sue prima ancora che degli uomini in campo, che nei minuti immediatamente successivi al fatto passano il tempo a chiedere chi deve stare dove, con Dumfries spostato da un lato all’altro come un pendolo impazzito e una difesa a quattro che torna a cinque dopo aver visto Henrikh Mkhitaryan mettersi sull’esterno. Una Babilonia inenarrabile, con i nerazzurri che hanno dovuto assorbire questo colpo prima di doversi mettere in ritirata strategica davanti alle incursioni avversarie.

È terminata 1-1, quindi; un punto a testa e tutti più o meno (in)felici. E tutti sicuramente rimasti sulle proprie posizioni, perché nel pomeriggio di ieri l’Atalanta non ha trovato di meglio da fare che riuscire a gettare alle ortiche l’opportunità di aggrapparsi come un koala alla vetta occupata dall’Inter, andando a sbattere contro i pali e contro un ottimo Ionut Radu capace di tenere a galla il Venezia che però nel finale, volendo, ha fatto qualcosa in più rispetto agli orobici per provare a vincerla col più classico dei blitz. Stando così le cose, adesso al treno per lo Scudetto potrebbe agganciarsi anche la Juventus, se avrà dimostrato lunedì contro il Verona di essersi messa alle spalle gli spettri di una sette giorni terribile tra l’eliminazione in Champions League e l’umiliazione dell’uscita di scena dalla Coppa Italia per mano dell’Empoli. E nonostante un momento psicologicamente devastante, i bianconeri con tre punti potrebbero vedersi aprire nuove prospettive (poi ovviamente starà a loro continuare a lottare per mantenere questo fragile equilibrio).

Intanto, è già partita la corsa all’interpretazione di questo risultato, un pareggio che nonostante tutto mantiene l’Inter in vetta alla classifica anche se col fiato sul collo delle dirette concorrenti. Ma ovviamente, ci sarà qualcuno per il quale tutto ciò non basterà, e magari senza fare la tara alla condizione nella quale si trovano l’Inter e il Napoli, parleranno di ultimo treno mancato o di scontri diretti che faranno la differenza solo perché i nerazzurri hanno lasciato punti qua e là. Senza pensare che questo, e lo ripetiamo, si sta confermando probabilmente come il campionato più strano, indecifrabile, a tratti anche balordo degli ultimi tempi.

Non c’è la squadra che saluta la concorrenza già a gennaio come avvenuto nelle ultime stagioni, non c’è chi fa la differenza mostrando manifesta superiorità. Anzi, lì davanti c’è un gruppetto di squadre tutte bene o male tutte con le stesse probabilità e soprattutto tutte che non sembrano trovare mai la giusta continuità in termini di risultati. Sembra di assistere ad una di quelle mani di poker dove nessuno riesce ad avere le carte giuste per aprire, e allora il giro di puntate ricomincia, si ridanno le carte, si rimescolano, si ripunta, e via cantando, in una sfibrante attesa del rilancio vincente. Molto probabilmente, nulla avrebbe risolto la partita di ieri sera e a ragion maggiormente veduta nulla risolverà; mancano ancora undici partite dove può davvero accadere di tutto, e insieme a quelle ci saranno anche la Champions League e la Coppa Italia.

Pertanto, a conti fatti, diventa forse esercizio vacuo pensare ad accogliere il pari di ieri vedendo il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Semmai, beviamolo comunque: magari contiene le energie giuste per trovare lo scatto finale, quello decisivo.

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Sezione: Editoriale / Data: Dom 02 marzo 2025 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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